Nel 2010 oltre 5800 esecuzioni: la pena di morte resta in 42 paesi

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ROMA – Sono 155 i paesi al momento che hanno deciso per legge o in pratica di abolire la pena di morte: di questi, 97 sono totalmente abolizionisti, 8 lo sono per crimini ordinari, 6 attuano una moratoria delle esecuzioni e 44 sono abolizionisti di fatto non eseguendo sentenza capitali da oltre dieci anni o essendosi impegnati ad abolire la pena di morte. Sull’altro fronte, i paesi mantenitori della pena di morte sono 42: un dato in discesa rispetto ali 45 del 2009, ai 48 del 2008, ai 49 del 2007, ai 51 del 2006 e ai 54 del 2005. A dirlo è il Rapporto 2011 “La pena di morte nel mondo” realizzato da “Nessuno tocchi Caino”. E’ dunque continua l’emorragia di consensi fra gli stati intorno alla pena capitale: “L’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto nel mondo da oltre dieci anni – afferma il Rapporto – si è confermata nel 2010 e anche nei primi sei mesi del 2011”.

Nel corso del 2010, i paesi che hanno fatto ricorso alle esecuzioni capitali sono stati almeno 22, rispetto ai 19 del 2009 e ai 26 del 2008. Le esecuzioni complessive sono state almeno 5.837, a fronte delle almeno 5.741 del 2009 e delle almeno 5.735 del 2008: a spiegare l’aumento delle esecuzioni rispetto ai due anni precedenti è – spiega il rapporto – “l’impressionante escalation delle esecuzioni in Iran che sono passate dalle almeno 402 del 2009 alle almeno 546 del 2010”. Rispetto al 2009, nei primi sei mesi del 2011 non si sono registrate esecuzioni in tre paesi (Oman, Singapore e Thailandia) che le avevano effettuate nel 2009. Viceversa, otto Paesi hanno ripreso le esecuzioni: si tratta di Autorità  Nazionale Palestinese (5), Bahrein (1), Bielorussia (2), Guinea Equatoriale (4), Somalia (almeno 8) e Taiwan (4) nel 2010; Afghanistan (2) ed Emirati Arabi Uniti (1) nel 2011.

In termini generali, secondo il Rapporto “le prospettive dell’abolizione sono oggi ancora più favorevoli dopo quello che a livello politico e sociale è accaduto e continua ad accadere in molti Paesi arabi e non solo: la fine del mito dell’invincibilità  di dittatori al potere da decenni può sfociare in riforme in senso umanitario e democratico come già  dimostrano fatti che segnano una soluzione di continuità  rispetto a sistemi e pratiche del passato sulla pena di morte”. I fatti positivi, come la nuova costituzione in Marocco o la ratifica dei più importanti trattati internazionali della Tunisia, “paiono preludere a una soluzione di continuità  rispetto a sistemi e pratiche del passato”.

La gran parte delle esecuzioni capitali avviene in Asia, con Cina, Iran e Corea del nord in testa alla classifica. Nel continente asiatico si verificano oltre il 98% delle condanne a morte eseguite. Due altri grandi continenti, Europa e Americhe, sono viceversa quasi completamente liberi dalla pena di morte, che resiste solo in Bielorussia e negli Stati Uniti. Qui, nel corso del 2010, nessuno degli stati ha reintrodotto la pena di morte, anche se in Utah e Washington, che non compivano esecuzioni da molto tempo, il boia è tornato a lavoro con una esecuzione per parte; d’altro canto, nel marzo 2011 l’Illinois è divenuto il 16esimo Stato USA senza pena capitale. In Africa nel 2010 la pena di morte è stata eseguita in 6 Paesi (erano stati 4 nel 2009) e sono state registrate almeno 43 esecuzioni: Libia (almeno 18), Somalia (almeno 8), Sudan (almeno 8), Egitto (4), Guinea Equatoriale (4) e Botswana (1). Nel 2009 le esecuzioni effettuate in tutto il continente erano state almeno 19, come nel 2008 e contro le almeno 26 del 2007 e le 87 del 2006.

Il Premio “L’Abolizionista dell’Anno”, promosso da Nessuno tocchi Caino quale riconoscimento alla personalità  che più di ogni altra si è impegnata sul fronte dell’abolizione, è stato conferito quest’anno al Presidente della Mongolia Tsakhia Elbegdorj, per “aver introdotto nel 2010 una moratoria delle esecuzioni”: gli verrà  consegnato a Roma in ottobre, in occasione della Giornata Mondiale contro la pena di morte. (ska)

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Pena di morte: tra i paesi democratici “maglia nera” agli Usa, ma le esecuzioni calano

Rapporto di “Nessuno tocchi Caino”. Solo 12 Stati americani hanno compiuto esecuzioni: 46 contro 52 nel 2009. In calo anche i detenuti nel braccio della morte. Anche in Giappone il boia lavora meno. Nel mondo 7 democrazia liberali usano la pena capitale

ROMA – Dei 42 Paesi mantenitori della pena capitale, sono solo 7 quelli di democrazia liberale. Così definiti considerando non solo il sistema politico del paese, ma anche il rispetto dei diritti umani, delle libertà  economiche e delle regole dello stato di diritto. Le democrazie liberali che nel 2010 hanno praticato la pena di morte sono state 4 e hanno effettuato in tutto 53 esecuzioni, circa l’1% del totale mondiale: Stati Uniti (46), Taiwan (4), Giappone (2) e Botswana (1). Nel 2009 erano state 3 e avevano effettuato in tutto 60 esecuzioni: Stati Uniti (52), Giappone (7) e Botswana (1). In Indonesia, il 2010 è stato il secondo anno senza esecuzioni dal 2004, mentre l’India non ha eseguito condanne a morte per il sesto anno consecutivo. Lo rivela il rapporto 2011 “La pena di morte nel mondo” dell’organizzazione Nessuno tocchi Caino.

Il maggior numero di esecuzioni capitali nei paesi democratici avviene negli Stati Uniti, dove però queste pene continuano a diminuire, negli ultimi anni, così come i detenuti nel braccio della morte Nel corso del 2010, solo 12 Stati americani hanno compiuto esecuzioni: sono state infatti 46 contro le 52 del 2009. Nel 2010, le nuove condanne a morte sono state 114. Nei primi sei mesi del 2011, sono state effettuate 25 esecuzioni in 9 Stati. Le 46 esecuzioni del 2010 sono avvenute in Texas (17), Ohio (8), Alabama (5), Oklahoma, Virginia e Mississippi (3), Georgia (2), Florida, Louisiana, Arizona, Utah e Washington (1).  Il 1° gennaio 2011 nei bracci della morte c’erano 3.261 persone. Alla stessa data dell’anno precedente erano 2 di più, 3.263. Il numero massimo di detenuti nei bracci della morte si registrò nel 2000, con 3.593. Da allora è diminuito costantemente.

Nel corso del 2010 e all’inizio del 2011 sono state presentate molte leggi sulla pena di morte, alcune per abolirla, altre per rendere più rigide le norme per la sua applicazione, altre ancora per poterla utilizzare con più facilità . Molte di queste proposte hanno avuto vita breve, fermandosi nelle fasi preliminari dell’esame parlamentare. L’Illinois ha portato a compimento il percorso della legge abolizionista che è entrata in vigore il 1° luglio 2011. Mentre reggono ancora le moratorie che si sono determinate de facto nelle giurisdizioni in cui vige la pena di morte ma non vengono compiute esecuzioni da almeno 10 anni: Colorado, Idaho, Kansas, Nebraska, New Hampshire, Oregon, Pennsylvania, Wyoming e Amministrazione Militare. Tra l’altro oltre alla questione degli errori giudiziari, che ha animato il dibattito politico negli anni recenti, sta prendendo piede la querelle sui “costi della pena di morte”. In media negli Stati Uniti una condanna a morte costa tra 1 e 3 milioni di dollari, contro i 500.000 dollari di una condanna all’ergastolo senza condizionale. sta sempre più prendendo piede un’idea alternativa: rinunciare ai processi capitali, che di solito si svolgono contro persone sulle quali esistono già  prove convincenti, e dedicare i fondi risparmiati alla riapertura di casi archiviati, per andare alla ricerca di assassini non ancora individuati.

Anche in Giappone, si registra un significativo calo delle esecuzioni. In particolare da quando il Partito democratico ha preso il potere nel settembre 2009, dopo oltre 50 anni di praticamente ininterrotto governo dei conservatori. Le sole esecuzioni da allora sono avvenute nel luglio del 2010, quando due uomini sono stati impiccati dopo essere stati riconosciuti colpevoli di omicidio. Prima del cambio di governo, nel 2009 erano stati giustiziati 7 detenuti. Il 28 luglio 2011, il Ministro della Giustizia Satsuki Eda ha detto di non avere “per il momento” alcuna intenzione di autorizzare esecuzioni capitali. Nell’agosto 2010, il Ministero aveva annunciato la costituzione di un gruppo interno di studio sul sistema della pena di morte, includendo la possibilità  di abolirla.

In Indonesia, invece, il 2010 è stato il secondo anno senza esecuzioni dal 2004. Le ultime sono state effettuate nel novembre del 2008, quando sono stati giustiziati i “dinamitardi di Bali” Amrozi, Mukhlas e Imam Samudra. Mentre in India sono sei anni che non si eseguono pene capitali. Nel febbraio 2010, la Corte Suprema ha chiarito che l’aver già  scontato una lunga detenzione e le precarie condizioni socio-economiche sono circostanze attenuanti che possono condurre alla commutazione in ergastolo di una condanna capitale. A parte quelle disposte in sede giurisdizionale, nel 2010 tredici altre commutazioni sono state decise dalla Presidente indiana Pratibha Devisingh Patil. (ec)

 

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