Niente prelievo sui nuclei numerosi così il fattore famiglia taglia l’eurotassa

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ROMA – Un dirigente con moglie e due figli a carico, e un reddito pari a 120 mila euro, dovrà  versarne 2.565 in tre anni per aiutare l’Italia a riportare il bilancio in pareggio (nel 2013). Un’altra famiglia con tre componenti, ciascuno con guadagni annui pari a 40 mila euro, non dovrà  pagare nulla. Eppure il totale delle entrate è lo stesso nei due casi. Un’evidente stortura. Colpevole, questa volta, è l’eurotassa, cioè il contributo di solidarietà  chiesto dalla manovra di agosto alle fasce di reddito sopra i 90 mila euro. La disuguaglianza riapre puntuale il dibattito sul quoziente familiare. Ovvero quel meccanismo fiscale che tiene conto, nel calcolo delle tasse, della famiglia. Intesa come coniugi, figli e altri parenti che gravano su chi produce il reddito.
Il quoziente lo vogliono in molti, politicamente. Nel governo, i cattolici del Pdl e la Lega. Nell’opposizione, Udc, Fli e parte del Pd. Ma nessuno la fa. In attesa che il decreto 138 (cioè la manovra) sia esaminato dalle Commissioni del Senato a partire dal 23 agosto, i giornali sono subissati dalle proteste di cittadini che, seppur abbienti, apprendono in queste ore di dover mettere mano al portafoglio. La versione agiata degli indignatos spagnoli (e greci, francesi, israeliani) rivendica l’ingiusta modalità  di calcolo di una tassa destinata a raccogliere un cospicuo tesoretto per lo Stato: 3,8 miliardi in tre anni.
«Al momento non esiste una proposta articolata di modifica della tassa», confessa Alberto Giorgetti, sottosegretario all’Economia. Per ora, dunque, «siamo fermi al testo base del decreto, ma si faranno delle valutazioni». Il ministro Giovanardi, che ha la delega alle Politiche familiari, assicura invece che ha posto il problema al premier Berlusconi e il suo dipartimento «sta già  facendo i calcoli».
Calcoli non troppo dissimili da quanto si desume dall’Agenzia delle Entrate. Gli italiani chiamati all’obolo solidale sono 511 mila 534 (l’1,2% del totale dei contribuenti, il 19,6% del gettito totale Irpef). Di questi, 80 mila 490 avevano “detrazioni a carico” (nel 2009). Quasi il 16% dei “solidali”, dunque, tiene famiglia. E se questa famiglia è numerosa non dovrebbe pagare l’eurotassa, secondo Giovanardi. La maggior parte di questi contribuenti (78 mila) si concentra nelle fasce tra i 90 e 120 mila euro. E’ lì che il quoziente familiare, ovvero la divisione tra il reddito e il numero dei componenti a carico, potrebbe esentare molti dalla tassa. Con l’impegno a recuperare le risorse perse pescando nelle tasche dei “single” ricchi e senza figli o altrove in manovra, per mantenere i saldi invariati. Il calcolo potrebbe tener conto di pesi diversi da attribuire. Un esempio, lo faceva Berlusconi nel 2006, è questo: si assegna 1 a ciascun coniuge e 0,5 a ciascun figlio, dunque una famiglia con 4 componenti divide il reddito per 3.
Proposta che non ha mai avuto un seguito. Ora, il quoziente applicato all’eurotassa potrebbe rappresentare un segnale di attenzione. Lo aspettano in molti – come confermano le dichiarazioni di Lupi, Rotondi, Urso, lo stesso Giovanardi, Bonanni della Cisl – in attesa di qualcosa di più significativo: l’applicazione del “fattore famiglia” – come definito dal Piano per la famiglia approvato un mese fa dal governo – alla delega fiscale e assistenziale da approvare poi entro la fine dell’anno. In questo caso la “no tax area” tiene conto anche di altre componenti, come la disabilità  o la non autosufficienza, la vedovanza, la monogenitorialità . La delega dovrà  porre ordine alla giungla di 480 sconti fiscali esistenti, dalle detrazioni per i figli a carico, fino alle spese per la sanità , gli asili e gli studenti universitari. Una giungla che insieme vale 161 miliardi. Le agevolazioni per le famiglie pesano per 21 miliardi: il vero banco di prova del “fattore” o quoziente che sia.


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