Obama attacca la destra repubblicana e promette per settembre un piano per il lavoro

by Sergio Segio | 17 Agosto 2011 7:20

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 NEW YORK. Alle dieci e quindici di ieri mattina, il presidente americano Barack Obama ordinava uova e pane tostato al Rausch’s Café’ di Guttenberg, in Iowa, dove era previsto un incontro con un gruppo di proprietari di piccole agenzie agricole locali. Ai signori Michael Sexton (concimi), Kenneth Acht (impianti per energia eolica) e Fred Unruh (coltivazioni da serra), Obama avrebbe spiegato come alcune delle iniziative che ha in programma per i prossimi mesi avrebbero aiutato i loro rispettivi business. Incontri come questo, conditi dalla classiche fotografie con bambini e fette di crostata su sfondi rurali, e da numerosi town hall meetings popolati di fan più o meno disillusi nei confronti del presidente, sono il succo del giro del Midwest che Obama ha intrapreso lunedì, partendo dal Minnesota per poi dirigersi in Iowa e in Illinois – gli stati dove i suoi sforzi comunicativi sono diretti a gruppi di elettori indipendenti e centristi.

Con sondaggi di gradimento scesi al 40 per cento, i portavoce della Casa Bianca assicurano che no, non si tratta di un tour da campagna elettorale, ma un’occasione per il presidente di verificare di prima mano la temperatura del paese e spiegare – dopo la dura battaglia su deficit e tetto del bilancio – che la sua priorità  rimane l’economia, e sopratutto la grave situazione dei posti di lavoro, con la disoccupazione salita al 9,1 per cento. Non è la prima volta che – cercando di rilanciare l’entusiasmo plebiscitario che lo ha portato alla Casa Bianca – Obama affronta uno di questi tour.
Ma non è un caso che sabato scorso, proprio in Iowa, si sia verificato il rituale straw poll, l’elezione informale tra i candidati alla nomination repubblicana, da cui è uscita vincente la teapartista Michele Bachman (secondo il libertario Ron Paul) e che ha segnato il primo out repubblicano dalla corsa alla Casa Bianca 2012, quello del moderato ex governatore del Minnesota Tim Pawlenty.
Dato il vento iperconservatore che soffia in questa fase preliminare della lotta per la nomination presidenziale (e che infatti ha favorito Bachman), un altro semi-moderato -e ben posizionato per la nomination del partito – Mitt Romney ha diplomaticamente scelto di non partecipare allo straw poll, dove rischiava una brutta figura.
L’ «estremismo» dei repubblicani ha fatto capolino più volte nei discorsi offerti da Obama durante il tour -«sono privi di buon senso», ha detto il presidente, a Canyon Falls, in Minnesota, ricordando ai presenti come tutti i potenziali candidati del partito avversario oppongano un piano di riduzione del deficit che include anche solo un dollaro di aumento delle tasse per ogni dieci dollari di taglio di spesa.
Spesso in maniche di camicia, senza cravatta, l’andatura baldanzosa di chi lavora sodo e non ha tempo da perdere, Obama ha ripetuto alla sua audience che era venuto a «reclutarli per una battaglia» affinché i leader del congresso pensassero «alle prossime generazioni e non alle prossime elezioni».
Il problema, ripete in altre parole, è Washington. E’ un po’ difficile valutare se l’effetto di questa chiamata alle armi potrà  o meno aiutare Obama quando, al ritorno nella capitale (e dopo le vacanze indisturbate di deputati e senatori), dovrà  cercare di far passare un pacchetto d’iniziative di stimolo per la creazione di posti di lavoro che la Casa Bianca intende presentare al Congresso il mese prossimo.
Investire nell’infrastruttura, ricostruire strade e ponti, sfruttare le possibilità  d’impiego create dalle nuove energie… I punti in discussione sono sempre gli stessi e sono sempre plausibili. Ma, cedendo alla pressioni repubblicane e accettando di dare priorità  quasi assoluta alla riduzione del deficit, come ha fatto a partire dal discorso sullo stato dell’Unione del gennaio scorso, Obama si è praticamente assicurato un no garantito dal Congresso su tutte le voci di spesa federale. Quindi è vero che il problema è Washignton e non Guttenberg o Canyon Falls. Ma è un problema di cui Obama – con la sua ossessione bipartitica e la cedevolezza che sembra possederlo nelle trattative con I repubblicani – fa parte lui stesso. E di cui a Guttenberg e Canyon Falls si pagano le conseguenze.

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