Obama: “Non è ancora finita” ma già  festeggia la vittoria senza soldati Usa sul terreno

Loading

NEW YORK – Come primo artefice della risoluzione Onu sulla no-fly zone, Barack Obama può “prendersi” tutta intera la vittoria contro Gheddafi. Lo fa con misura, in un messaggio alla tv che inizia con una nota di prudenza: «Non è finita, ci sono sacche di resistenza, Gheddafi se ne vada subito per evitare spargimenti di sangue». Alle 14.20 sulla East Coast, quando parla Obama, ancora non si hanno notizie di resa o fuga o cattura del raìs. Ma la speranza prende il sopravvento: «L’America sarà  amica e partner della nuova Libia che nasce. Rendo omaggio al popolo libico, al suo coraggio, ai sacrifici straordinari che ha fatto. Ora la Libia a cui aspirate è finalmente alla vostra portata».
Il bilancio che il presidente americano fa della sua strategia è in questa frase: «E’ crollato in soli sei mesi un regime che durava da 41 anni, e non è stato necessario mandare un solo soldato americano sul territorio libico». E’ proprio questa l’ardita quadratura del cerchio, la sfida che a molti sembrava impossibile: imprimere una direzione alla rivolta libica, «nella quale c’erano gli echi di Tunisi e del Cairo», fermare «il massacro dei topi» che Gheddafi aveva promesso contro i rivoltosi, senza impegnare direttamente l’America nella terza guerra simultanea in una nazione islamica. Obama ce l’ha fatta sventando anzitutto una coalizione temibile: quel “gruppo delle astensioni” che all’Onu aveva riunito l’intero arco dei Bric, cioè Brasile Russia India e Cina oltre alla Germania. Fosse andata male la sua scommessa, oggi Gheddafi e il suo petrolio sarebbero nella sfera d’influenza di quelle potenze emergenti. E invece il presidente è riuscito a costruire «una coalizione originale», composta dalla Nato e da diversi paesi arabi, con l’America intervenuta a fornire «il grosso della capacità  di fuoco iniziale». Poi il passo indietro, per lasciare a Francia e Inghilterra il ruolo di punta (sia pure col sostegno essenziale degli americani nella logistica, l’intelligence, lo spionaggio elettronico). Come per l’uccisione di Bin Laden, Obama oggi può vantare un trofeo che era sfuggito a ogni altro presidente da Ronald Reagan in poi: è lui a firmare la caduta del «dittatore che col terrorismo fece tante vittime anche tra gli americani» (strage di Lockerbie). Ma non usa la parola vendetta, né castigo. Anzi Obama ripete il suo appello alle forze ribelli riunite nel Cnt: «L’opposizione continui la transizione pacifica, inclusiva, giusta. Cercate la riconciliazione, non le rappresaglie violente».
E’ chiaro il suo timore: il vero successo può ancora sfuggire di mano all’America e agli alleati Nato, se nel dopo-Gheddafi la Libia dovesse avvitarsi in una resa dei conti tra forze tribali, una spirale centrifuga e disgregante. Per questo Obama ha già  dato mandato a Hillary Clinton di riunire gli alleati «per affrontare subito l’emergenza umanitaria», e poi la ricostruzione della Libia sarà  «all’ordine del giorno dell’Assemblea generale dell’Onu a fine settembre».
Obama fa un altro passo avanti nella sua strategia per assecondare la “Primavera araba” senza ingerenze e intromissioni. Come Ben Ali, come Mubarak: ogni dittatore finito nel suo mirino è sconfitto. Gli oppositori di destra, come l’ex rivale alle presidenziali John McCain, non riescono a trovare molti appigli per criticarlo, se non la facile ironia sul presidente che «guida la guerra dalle retrovie», cioè mandando avanti francesi e britannici. Una guerra «che poteva durare molto meno con un maggiore impegno americano», dice McCain. Dimenticando per un attimo l’ossessione della destra repubblicana per i tagli al deficit pubblico: Obama è riuscito a portare a casa la vittoria meno cara nella storia recente degli Stati Uniti, appena un miliardo di dollari per far fuori Gheddafi contro i 1.300 miliardi di Iraq e Afghanistan.


Related Articles

A cinque anni dal sequestro Betancourt

Loading

Colombia-Francia Il 23 febbraio del 2002 veniva presa in ostaggio dalle Farc, e ad oggi non si hanno notizie della

Arriva Brahimi (Onu) ed è strage continua

Loading

SIRIA. Disertore eccellente: «Usati gas»La missione negoziale in Siria dell’inviato dell’Onu Lakhdar Brahimi coincide con una escalation nelle accuse contro il governo di Damasco: minaccia, anzi uso di armi chimiche, e massacri come la strage del pane ad Halfaya e altri.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment