PARTI SOCIALI TIMIDE IDEE

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In particolare un soggetto è apparso in grande difficoltà : il mondo che chiamiamo «forze sociali», quell’insieme cioè delle organizzazioni che rappresentano i diversi interessi imprenditoriali, sindacali, categoriali. Non si è vista traccia di una loro idea, iniziativa, proposta, mentre il governo era obbligato a inventare e correggere una molteplicità  di ipotesi e di interventi. Eppure erano state le forze sociali a segnalare l’urgenza di muoversi; era stato il presidente dell’Abi Mussari a redigere un drammatico documento volto ad attirare l’attenzione del governo sul rischio che le banche italiane (il vero quotidiano raccordo tra vicende finanziarie e continuità  dell’economia reale) entrassero in avvitamento, risultassero troppo deboli nel mercato azionario, potessero addirittura attirare la perversa tentazione di qualche circuito internazionale di comprarne qualcuna a prezzi stracciati. Appello sacrosanto non solo per gli interessi settoriali delle banche, ma per l’interesse di tutta l’economia italiana. Forse per rispetto a quest’ultima considerazione, o forse per acquisire maggiore potenza mediatica e d’opinione, Mussari ha chiesto la firma prima di Confindustria (che sempre primeggia in tale potenza) e poi delle altre forze sociali, arrivando in poche ore a un appello siglato da una trentina di organizzazioni.
A quel punto non era più un appello specifico e finalizzato, ma una più generica proposta di patto sociale (con l’idea di ripetere l’indimenticato mitico ’92-93) e una esplicita richiesta di un confronto con il governo. Richiesta subito esaudita, e tutti abbiamo visto in foto grandangolo la gloria vuota di un tavolo, anzi di un tavolone, dove la maggioranza viveva solo l’orgoglio di esserci ma non la responsabilità  di fare una proposta o di assumere un impegno. Per i ritratti a destra nella foto, cioè i ministri, la cosa è stata senza effetti negativi visto che proposte e impegni sono poi arrivati da Francoforte e dintorni; ma per le forze sociali si è profilata subito l’inesistenza. Il premier ha offerto tavoli su tavoli, anzi «un agosto di tavoli», ma neppur essi si son visti; il governo ha deciso quel che poteva e va oggi al dibattito parlamentare in un grande silenzio delle forze sociali. Si è avuta notizia solo delle già  conosciute diffidenze della Uil; di una ordinaria dialettica tra Confindustria e commercianti sull’innalzamento dell’Iva e della sacrosanta ira di Mussari per l’inconcludenza cui è stata destinata la sua iniziativa.
Una débà¢cle, per chi aveva l’ambizione di ripetere il mitico ’92-93. Una débà¢cle che sarà  difficile rimontare durante il dibattito parlamentare visto che il gioco delle parti politiche e delle loro componenti sarà  il più prevalente. Sarà  invece bene che le forze sociali, se non vogliono finire nell’ombra dell’indistinto, facciano tesoro della lezione di queste settimane cominciando a mettere in chiaro e condividere almeno le cose che «non si devono più fare».


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