Pechino: per il dopo ci siamo anche noi

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La ricostruzione della Libia? Secondo il governo cinese devono occuparsene le Nazioni unite. Con i combattimenti ancora in corso a Tripoli, ieri Pechino è intervenuta in maniera decisa per cercare di riequilibrare a suo favore i rapporti di forza tra le potenze che sponsorizzano i ribelli anti-Gheddafi. Il capo della diplomazia Yang Jiechi ha rotto gli indugi e telefonato a Ban Ki-moon. «Le Nazioni unite dovrebbero giocare un ruolo guida nell’organizzazione del dopo-guerra in Libia e la Cina incoraggia l’Onu a rafforzare il coordinamento e la cooperazione con l’Unione africana e la Lega araba», ha detto Yang al segretario generale dell’Onu secondo quanto riferito dal ministero degli esteri della Repubblica popolare. La Cina è «pronta a lavorare assieme alle Nazioni unite per promuovere una rapida stabilizzazione in Libia e una rotta breve in direzione della riconciliazione e ricostruzione», ha aggiunto Yang.
Nel paese africano Pechino ha in ballo grossi progetti infrastrutturali, in particolare nel campo ferroviario e delle telecomunicazioni. E da Tripoli arriva circa il 3% delle importazioni cinesi di greggio, una cifra che non va letta in termini assoluti ma nel contesto di un paese che, negli ultimi quindici anni, si è trasformato da esportatore di greggio nel secondo importatore di oro nero dopo gli Stati uniti e nel quadro della crescente competizione con questi ultimi proprio per l’accaparramento delle risorse energetiche. Nei giorni scorsi però il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) ha lasciato intendere che potrebbero non essere onorati tutti gli accordi commerciali firmati tra Gheddafi e la Repubblica popolare.
Tradizionalmente contrarie agli interventi negli affari interni degli altri Stati, la Cina (e la Russia) nel marzo scorso non si sono opposte alla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza Onu che ha dato copertura giuridica ai raid della Nato, ma hanno preferito astenersi. Da allora Pechino ha flirtato con i ribelli e il 22 giugno scorso ha giudicato il Cnt «un importante partner di dialogo» senza però riconoscerlo ufficialmente come legittimo governo della Libia, passo compiuto invece da tutti i protagonisti occidentali dell’avventura neo-coloniale in Nord Africa.
Ora Pechino prova a recuperare il tempo perduto, scommettendo sulla necessità  di un’internazionalizzazione del dopo guerra per evitare il caos e quindi sull’indebolimento dell’asse ribelli/Francia-Gran Bretagna-Usa. E chissà  che non si ripeta la lezione dell’Iraq, dove la Cina (che in quel caso si oppose attivamente al conflitto) riuscì alla fine ad accaparrarsi lo sfruttamento di importanti giacimenti petroliferi.


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