Pensioni, si riapre il fronte E spunta l’ipotesi fiducia

Loading

ROMA — Sembrava tutto risolto, con soddisfazione generale: contento Berlusconi, contento Tremonti, contento Alfano, contenti i leghisti. Ma sono bastate poche ore per togliere il sorriso dal volto dei protagonisti. E far riprecipitare nel caos la manovra (riscritta lunedì ad Arcore per la terza volta dopo la prima di luglio e quella varata il 12 agosto) e soprattutto la maggioranza.
A ieri sera, praticamente ogni nuovo capitolo inserito durante il mega summit era tornato in discussione, a partire da quello che ha suscitato le maggiori proteste e indignato sindacati e categorie interessate: l’intervento sulle pensioni con l’impossibilità  di far valere ai fini del raggiungimento dei 40 anni di servizio gli anni riscattati per la laurea e il servizio militare. E tanto sembra riaperta la partita che torna anche l’ipotesi di mettere mano da subito all’Iva, che era invece stata difesa da Tremonti come strumento indispensabile da usare nella delega fiscale per evitare tagli pesantissimi ai servizi sociali.
«Cambieremo la norma sulle pensioni» dicono nel Pdl, perché «così com’è è iniqua e forse anche incostituzionale». C’è chi si spinge ad ipotizzare perfino un ritiro tout court del provvedimento, che secondo chi gli ha parlato ieri non piacerebbe nemmeno al premier che ne avrebbe capito la portata e l’impatto in termini di impopolarità  solo a cose fatte e che invece si era battuto per un innalzamento generale dell’età  pensionabile. Ma i tecnici, i ministri, i capigruppo ritengono «molto improbabile» una cancellazione della misura, anche se ammettono che «qualcosa dovremo fare».
In tempi stretti, strettissimi. Perché stasera dovranno essere depositati gli emendamenti, dopo un vertice di maggioranza al Senato, e domani un Consiglio dei ministri già  convocato potrebbe servire per dare l’ultima decisiva veste alla manovra e varare il maxi emendamento del governo sul quale a questo punto potrebbe essere posta la fiducia.
Per questo stamattina si vedranno il ministro Sacconi, il collega Calderoli e i tecnici del Tesoro per decidere cosa fare rispetto alle modifiche sulle pensioni che, scrive in una nota il leghista, vanno valutate per bene «non solo per l’impatto finanziario ma soprattutto per l’impatto sociale». Frase che chiarisce bene quale sia lo stato di confusione e di subbuglio nel Carroccio, il cui quotidiano di partito La Padania titola oggi «Manovra in discussione, c’è bisogno di un’ulteriore riflessione». Anche sui tagli ai Comuni, che a quanto sembra secondo Maroni sarebbero ancora troppo alti, giustificando l’ira dei sindaci. Tra i quali quell’Alemanno che però Berlusconi con i suoi ha bacchettato: si lamenta solo per coprire le sue defaillance, è il senso dell’accusa.
Ma il caos è totale perché in queste ore a preoccupare non è solo una singola misura o una singola protesta, ma l’intero impianto della manovra: «Diciamo che abbiamo qualche difficoltà  a mettere nero su bianco in termini di emendamenti i punti decisi nel vertice di Arcore…», dice con un eufemismo un ministro del Pdl, spiegando che il rischio di una mancanza di copertura delle misure previste c’è tutto. C’è chi arriva a quantificare in «quattro-cinque miliardi» il buco per arrivare al pareggio di bilancio del 2013. E se alla fine i saldi non dovessero tornare «finirà  â€” si lamenta un altro ministro — che taglieranno ancora i nostri dicasteri, e noi non sappiamo davvero come potremo andare avanti».
Ma la paura è anche per l’immediato futuro: se la manovra dovesse davvero rivelarsi insufficiente, non sarebbero più procrastinabili interventi decisi sull’età  pensionabile (magari addirittura già  in manovra) e magari altri tagli, perché la sola Iva non basterebbe a coprire i buchi.
In questo clima, spicca l’assenza quasi ostentata del ministro Tremonti. Lui, che la manovra non avrebbe voluto toccarla per evitare altre lotte fratricide e il rischio di sballo dei conti, attraverso il suo portavoce fa sapere che non è a Roma, e il suo telefono «non ha campo». Come a dire, io vi avevo avvertito, adesso vedetevela voi. E tra i suoi amici c’è chi ironizza: «Vogliono togliere l’intervento sulle pensioni? Benissimo, rimettano il contributo di solidarietà …». Perché in qualche modo, tra stasera e domani, i conti dovranno tornare. «Altrimenti — commenta sconfortato un fedelissimo del premier —, sarà  l’intero governo a doverli fare con il Paese».


Related Articles

Continua la fuga dal risparmio gestito

Loading

 A novembre un rosso di 8,5 miliardi per i fondi comuni d’investimento

I capannoni finiscono sotto accusa «Non si doveva tornare a lavorare»

Loading

Fornero: altrove non succede. Ma la Confindustria: non erano di carta velina

Tagli ai manager, mossa del Tesoro Da aprile scattano i primi risparmi

Loading

Per Matteo Renzi, nessun manager pubblico deve prendere un stipendio superiore a quello del presidente della Repubblica, cioè 239.181 euro lordi l’anno

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment