Roubini: “Governo tecnico al posto del Cavaliere ecco la strada urgente per salvare l’Italia”
ROMA – «L’unica cosa che dovete fare davvero subito è cambiare governo. Tutto il resto – pensioni, mercato del lavoro, tasse, liberalizzazioni – verrà dopo. E’ l’intervento più urgente, più importante ancora degli interventi sul deficit: l’Italia deve mandare a casa la compagine attuale, che ha perso qualsiasi credibilità internazionale, e mettere al lavoro un gruppo di economisti competenti e interessati al destino del Paese, non a quello loro personale. Questa task-force dovrà studiare le misure necessarie». Per Nouriel Roubini, il “guru” della New York University, qualsiasi temporanea risalita di Piazza Affari non deve indurre in illusioni: «L’Italia è sull’orlo della recessione, anzi forse c’è già dentro. Questa è la verità . Ormai non è più solo questione dell’atteggiamento e dei comportamenti del premier, che vi hanno scavato una fossa di incomunicabilità col resto del mondo: è il governo nella sua interezza ad aver dato una prova di incapacità che ha compromesso irrimediabilmente la fiducia nel Paese. Andrebbe insediato senza aspettare neanche un giorno un esecutivo tecnico, al quale va dato il tempo per impostare le riforme che poi un successivo governo eletto dovrà realizzare».
Grandi speranze, pur nell’imbarazzo di un semi-commissariamento, sono riposte nell’intervento della Bce.
«L’intervento è utile per allentare le tensioni sui mercati dei bond e delle obbligazioni bancarie, il 25% del funding degli istituti, i cui interessi sono legati ai titoli di Stato. Ma su molte banche italiane, che pure hanno il doppio vantaggio di veder rallentata la svalutazione dei titoli in portafoglio e di spendere meno per finanziarsi, pesa il pericolo dell’insolvenza. Così come sull’Italia grava tuttora quello di finire fuori dal mercato internazionale. Sarebbe bene che come in Irlanda partisse subito una verifica delle banche a rischio. Non confondete l’intervento della Bce con un finanziamento stabile al sistema-Italia: la Bce non potrebbe farlo perché, essendo vincolata al controllo dell’inflazione e della massa monetaria, se si superano i limiti di liquidità in circolazione deve drenare denaro in misura analoga a quello che ha immesso, poco tempo dopo gli interventi. L’operazione Bce porta solo benefici di breve termine: diverso sarebbe l’intervento dell’Efsf, il Fondo salva-Stati».
Quali sono le probabilità che vi si arrivi?
«In teoria alte, ma viste le dimensioni del problema Italia, andrebbero triplicate le risorse dell’Efsf. Una misura che difficilmente la Germania consentirà . L’Italia deve trovare al suo interno le risorse non solo per stabilizzare il bilancio ma per riavviare la crescita: secondo me il Paese è già in recessione».
Però gli ultimi dati parlano di un Pil di poco (+0,3%) ma attivo, pari a quello francese.
«A differenza della Francia, voi sono dieci anni che non crescete: che il Pil vada al -0,1 o al +0,1%, che differenza vuole che faccia? Dovete avviare una robusta e duratura crescita».
Nel frattempo, in America?
«Resto convinto che ci sia il 50% di probabilità di double dip».
Anche da voi la Banca centrale ha un ruolo fondamentale.
«La Fed a differenza della Bce, visto che ha il mandato dello sviluppo, può creare liquidità che poi immette senza limiti nel sistema. Ma ora il “quantitative easing” sarebbe di poca utilità . Anche qui va trovata una formula per la crescita, per ridare fiducia ai consumatori, per arrestare la crisi del mercato immobiliare».
Gli ultimi dati sulla disoccupazione però sono confortanti.
«Macché, è un’illusione ottica dovuta al fatto che in 200mila hanno rinunciato a trovare lavoro. Restano 14 milioni di disoccupati».
Lo scorso week-end dalla sua vacanza nel Maine ha postato su Twitter il seguente messaggio: “Ho pescato una spigola di solo 20 centimetri, doppia A, dovrò traversare il confine con il Canada per cercarne una a tripla A”. S&P ha sbagliato tutto?
«Basta vedere la reazione dei mercati monetari: tutti si sono lanciati a comprare Treasury bonds, spingendo i rendimenti ai minimi, perché lì c’è qualità . Il problema è tutt’altro, è nell’economia reale».
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