Sequestrato in Sud Darfur operatore di Emergency

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 L’operatore di Emergency rapito il 14 agosto nel sud Darfur «sta bene». Lo ha affermato Abdul Karim Moussa, vicegovernatore del Sud Darfur. Il 15 agosto l’organizzazione umanitaria italiana aveva reso noto il sequestro del suo collaboratore, «prelevato a Nyala, capitale del sud Darfur, mentre si trovava in auto diretto verso l’aeroporto della città ». Si tratta di Francesco Azzarà , 34 anni, alla sua seconda missione come logista nel centro pediatrico della città . Azzarà  «era in macchina con altri due colleghi e era l’unico internazionale. L’auto è stata circondata da gente armata che l’ha fatto scendere», ha dichiarato il fondatore di Emergency Gino Strada. Che ha aggiunto: «È del tutto inatteso, non ce l’aspettavamo. Stiamo cercando di capire il perché di questo fatto ma non c’è un motivo razionale».

«Emergency ha immeaditamente attivato in Darfur e a Karthoum tutti i contatti a sua disposizione e ha anche informato il ministero degli affari esteri italiano», afferma un comunicato. La Farnesina ha confermato il rapimento e ha attivato «tutti i canali disponibili presso le autorità  locali per una soluzione della vicenda». Lo dichiara il ministro degli esteri Franco Frattini, che «è stato direttamente informato dal fondatore di Emergency prima che la notizia fosse resa pubblica, e sta seguendo personalmente tutti gli sviluppi». Per il vicegovernatore del Darfur, «le forze di sicurezza sudanesi stanno stringendo il cerchio intorno ai rapitori». Emnergency, da parte sua, ha adottato una linea di bassissimo profilo, segno che una trattativa potrebbe essere effettivamente in corso.
La Farnesina è attiva con l’Unità  di crisi, in contatto con Emergency e la missione Onu in Darfur (Unamid) e in coordinamento con l’ambasciata italiana a Khartoum. I familiari del cooperante sono stati informati dai carabinieri nel cuore della notte nella loro casa di Motta San Giovanni, a trenta chilometri da Reggio Calabria.
I genitori di Azzarà , Giuseppe Santo Azzarà  e Fortunata Legato, sono provati e in ansia per la sorte del figlio, ma si dichiarano fiduciosi, in linea con il «cauto ottimismo» annunciato da Frattini. Francesco è laureato in economia aziendale, con una specilizzazione in commercio estero. Collabora con Emergency da circa un anno ed è approdato in Sudan da un mese e mezzo, dopo varie missioni all’estero sempre per conto dell’organizzazione.
Emergency è in Sudan dal 2004, e in questi anni ha curato quasi 180mila persone nelle tre strutture che gestisce nel paese: un centro specializzato in cardiochirurgia e due centri pediatrici. La struttura pediatrica di Nyala, dove lavora Francesco, ha iniziato la sua attività  il 5 luglio 2010, e in quest’anno ha offerto cure a bambini fino a 14 anni e garantito un servizio di educazione igienico-sanitario rivolto alle famiglie.
Per il rapimento dell’operatore italiano «non è arrivata nessuna rivendicazione», ha dichiarato il ministro Frattini. Si tratta di un sequestro «inaspettato» perchè «gli operatori facevano il bene dei più deboli» e sono ben visti dalla popolazione. E aggiunge: «al momento non abbiamo alcun contatto con i sequestratori. Ci sono diverse piste e l’intelligence è al lavoro, ma il riserbo è necessario per poter lavorare. L’unica cosa essenziale è evitare ipotesi avventate che possono rischiare di fare il gioco dei sequestratori».
Sul caso sta indagando la polizia locale, e una pista battuta si riferisce a tre operatori già  identificati che lavoravano nel centro di Emergency allontanati di recente. Si tratterebbe di una guardia, un amministratore e un medico, ma l’organizzazione umanitaria ritiente l’ipotesi poco probabile. Come ritiene troppo generica l’idea che il rapimento sia opera della tribù nomade dei rezegat, vicino ai temuti janjaweed, «diavoli a cavallo», «visto che i rezegat sono una delle tribù più grandi del Darfur». Questa la dichiarazione di Rossella Miccia, coordinatrice del progetto Sudan per Emergency. Le ricerche sono estese alla zona di Nyala e di Jebel Marra.
«Nella zona di Nyala ci sono molti casi di rapimenti, episodi di violenza, anche di delinquenza comune come normalmente avviene in guerra», dice Gino Strada. Secondo il cognato del cooperante rapito, Vincenzo Catalano, Francesco parlava di una situazione complicata che lo pressava e stancava molto, ma non aveva mostrato preoccupazioni particolari. Con la polizia sudanese collabora anche la procura di Roma, che dovrà  stabilire se le finalità  del sequestro siano di terrorismo o di estorsione. Al momento non è aperto un fascicolo di indagine.


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