Tariq, eroe di Birmingham contro l’odio razziale

by Sergio Segio | 13 Agosto 2011 6:38

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LONDRA – L’uomo che ha fermato l’odio ha lo sguardo triste, i capelli brizzolati e una dignità  straordinaria. Tariq Jahan ha il cuore a pezzi: «Non mi interessa essere un eroe o un modello. Sono un padre. Voglio solo che qui ci sia la pace, che la mia famiglia possa pregare per mio figlio». Tariq è il padre di Haroon, 21 anni, ucciso a Birmingham da un gruppo di saccheggiatori. I teppisti lo hanno investito con un’auto assieme ad altri due ragazzi mentre faceva la guardia ai negozi per impedirne la devastazione. In poche ore la città  è arrivata sull’orlo di una crisi razziale incontrollabile. Centinaia di giovani delle comunità  islamica e Sikh chiedevano una rappresaglia contro gli assassini e magari contro “i bianchi”. Ma il padre di Haroon è sceso in strada, ha parlato ai ragazzi, mettendo da parte la sua sofferenza, ed è riuscito a raffreddare gli animi. «Non voglio vendetta, non provo odio. Lascio a Dio la punizione di chi guidava l’auto che ha travolto mio figlio». Per il Times, Tariq Jahan è «il padre che ha salvato la città  dal tracollo razziale». La parola usata è «meltdown», cioè una catastrofe senza ritorno. Insomma, il coraggio di questo modesto autista figlio di immigrati asiatici è riuscito a impedire che il disagio sociale acquistasse una colorazione etnica, diventando esplosivo.
Per l’Inghilterra, la dignità  del padre di Birmingham è un punto saldo su cui appoggiarsi per ripartire. I giornali britannici puntano il dito contro i “cattivi”, esibiscono le foto dei saccheggiatori, invitando i lettori a identificarli. E continuano a stampare apprezzamenti verso gli agenti di polizia, persino quando vengono colti addormentati su un banco, stremati dal superlavoro. In realtà  il comportamento delle forze dell’ordine non è stato immune da critiche: mentre il loro sindacato continua a contestare i tagli annunciati dal governo Cameron, la commissione di controllo ora ammette che Mark Duggan – ucciso nel quartiere di Tottenham nell’incidente che ha dato il via ai disordini londinesi – non aveva sparato contro i poliziotti. Insomma, la protesta iniziale non era del tutto ingiustificata. Ma ora è il momento dell’indignazione generale, ci vuole la cattura e la punizione rapida per tutti. A Birmingham gli agenti girano con un pulmino dotato di schermo gigante per mostrare le immagini dei ricercati, così che siano riconosciuti dai passanti. Per chi finisce nel tritacarne, sono guai: passaggio in manette davanti alle tv, foto sui tabloid, vergogna mediatica. Il Daily Telegraph arriva a lamentarsi che sia già  a piede libero il ragazzino di 12 anni che aveva rubato una bottiglia di vino.
Però si fa largo anche il bisogno di ritrovare la spinta, servono esempi positivi: Tariq Jahan, soprattutto, ma anche Asyraf Rossli, il ragazzo malaysiano che non ha perso l’amore per la Gran Bretagna dopo essere stato mortificato e derubato da un gruppo di teppisti, con l’assistenza di un falso “samaritano”. E poi Pauline Pearce, la nonna nera scesa in piazza ad Hackney per sfidare i giovani malintenzionati, i volontari con la scopa di Manchester, la comunità  Sikh schierata a difendere i luoghi sacri a Southall. Purtroppo uno degli “eroi”, l’anziano pestato a sangue a Ealing mentre cercava di fermare i vandali, è morto ieri mattina. Il bilancio dei giorni della follia sale a cinque vittime.

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