Tassi record, borsa giù

by Sergio Segio | 2 Agosto 2011 6:51

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Non c’è fa farsi illusioni: l’accordo in Usa tra democratici e repubblicani sulla sopraelevazione del tetto del debito pubblico ha dato solo poche ore di respiro alle borse mondiali (comprese quelle statunitensi, perché nel pomeriggio sono tutte precipitate). Ancora una volta la «maglia nera» se l’è aggiudicata Piazzaffari che è crollata: l’indice Ftse Mib dei 40 maggiori titoli ha ceduto il 3,87%. Complessivamente la borsa italiana ha perso ieri quasi 15 miliardi di capitalizzazione con il settore bancario che ha perso quasi il 50% dai massimi del 2011.
Quello dei mercati finanziari è un segnale preoccupante: c’è il timore di un nuovo forte rallentamento dell’economia globale. E per l’Italia, già  fanalino di coda nella crescita di Pil, c’è il rischio di una forte impennata del costo del debito pubblico: ieri il rendimento dei Buoni del Tesoro (BtP) decennali è salito fino a sfiorare la soglia del 6% e, quel che è peggio, lo spread con i Bund tedeschi è risalito a 351 punti, ovvero il 3,51%. Un segnale che gli investitori si fidano poco dello stato italiano, mentre prestano allegramente soldi allo stato tedesco.
Ieri mattina sembrava essere arrivata la svolta: la borsa di Tokyo aveva brindato all’accordo americano e le borse europee avevano aperto con fortissimi guadagni. Ma è stato un fuoco di paglia: un po’ per volta le quotazioni si sono dirette verso la parità  con la seduta precedente e in tarda mattinata è comparso il rosso, con perdite diffuse. A peggiorare il quadro, nel primo pomeriggio è arrivato dagli Usa un dato molto atteso: l’indice Ism, che misura l’attività  del settore manifatturiero, ha fatto registrare in luglio una caduta pesantissima che ha interessato gli ordinativi, la produzione, le scorte e l’occupazione. Si è avuta la conferma che quanto scritto dalla Fed la scorsa settimana nel Beige Book (la congiuntura è debole e sta rallentando, la disoccupazione non viene riassorbita e i consumi sono bassi) è una realtà .
L’accordo tra repubblicani e democratici sui vincoli per poter alzare il tetto del debito pubblico rischia di peggiorare la situazione. Come ha rimproverato ieri Paul Krugman, premio Nobel, Obama ha commesso un grave errore a cedere al ricatto dei repubblicani accettando il taglio della spesa pubblica in una fase nella quale, al contrario, sarebbe necessario incentivare la spesa. C’è, inoltre, il rischio che l’attenuarsi delle tensioni inflazionistiche spinga la Fed a rialzare i tassi. E questo spiega, in parte, perché ieri il dollaro ha recuperato moltissimo sull’euro che ha chiuso a 1,4196 contro la quotazione di 1,4389 di ieri. Visto che in contemporanea il dollaro si è indebolito sia nei confronti dello yen che del franco svizzero, il recupero dei confronti dell’euro non è provocato dalla forza del biglietto verde, ma dalla debolezza della moneta comunitaria.
In Europa i paesi che appaiono più soggetti alla speculazione sono la Spagna e l’Italia. A Madrid lo spread sul decennale rispetto ai Bund tedeschi è salito a 369 punti con un rendimento che è salito al 6,16%, contro il 5,92% dell’Italia. Come al solito l’allargamento dello spread è stato favorito da un ribasso dei tassi tedeschi. Una situazione pesante, quella di Roma e Madrid, tanto che da Bruxelles sono giunte indiscrezioni (raccolte dal Wall Street Journal) secondo cui Italia e Spagna potrebbero essere esentati, proprio a causa delle proprie difficoltà  finanziarie, a partecipare al secondo piano di aiuti alla Grecia. La motivazione è che i due paesi dovrebbero raccogliere fondi a un costo maggiore rispetto ai tassi che verrebbero poi praticati al governo di Atene.

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