Tbc a Roma, altri due bimbi contagiati assedio delle mamme al policlinico

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ROMA – Nove nati a luglio, due a marzo e uno ad aprile. Gli insidiosi bacilli della tubercolosi che per mesi hanno circolato indisturbati nel nido di Neonatologia dell’ospedale Gemelli hanno infettato finora 12 bambini. Ieri sera, nell’ormai quotidiano bollettino diffuso dalla Regione Lazio, la notizia di due nuovi contagiati: due maschi, uno partorito a luglio e uno ad aprile. Ampio lo spettro del contagio preso in considerazione dopo la notizia di un’infermiera (che in quel nido lavorava) risultata malata di tbc. Per ora, ad aver sviluppato la malattia c’è solo lei, ricoverata da tre settimane allo Spallanzani. Dei 12 neonati positivi, invece, nessuno si trova nelle condizioni di “malattia in atto”.
C’è un tredicesimo caso, però: quello di una bambina nata a marzo al Gemelli, tenuta sotto controllo al Bambin Gesù. Lei sì ha sviluppato la tubercolosi e da metà  luglio si trova a dover affrontare le cure specifiche. Gli altri, i “positivi” inizieranno presto la profilassi. «Questo – spiega Giovanni Fadda, direttore del laboratorio di referenza per la tbc della Regione – impedirà  al microrganismo di ripresentarsi in futuro. Il fatto che abbiamo agito in modo così immediato deve rassicurare le famiglie». Ma non sempre le parole dei medici bastano a tranquillizzare le mamme. Ieri, davanti al Gemelli, erano in tante a spingere il loro passeggino in attesa dei controlli: «Più che rabbia c’è apprensione», dice una di loro. «L’abbiamo saputo dalla tv e non è stato piacevole. Ma all’inizio era un solo caso. Quando poi i contagiati sono saliti ci siamo preoccupati. Non ti aspetti che possa capitare nel primo ospedale d’Italia».
Il numero dei positivi, infatti, continua a salire e alcune proiezioni parlano di un 10% di contagiati alla fine dei controlli che riguardano 1.271 bambini. Tanti ne sono nati al Gemelli tra il primo marzo e il 25 luglio, ultimo giorno di lavoro dell’infermiera. Da allora, si è attivata la task force della Regione: è stato eseguito un esame epidemiologico, sono stati individuati tutti i potenziali contagiati e sono partite le telefonate alle famiglie. In qualche caso, però, la macchina si è ingolfata. Com’è capitato a Federica Farkas mamma di una bambina nata a luglio: «Ho dovuto chiamare quattro volte per prendere l’appuntamento – spiega – mi hanno detto che il nome di mia figlia era stato cancellato per errore. Tra 48 ore mi diranno se è stata contagiata. Se invece non mi chiamano, vuol dire che non ha nulla. Ma così non va bene: quelli sono dati sanitari e ho diritto di saperli comunque». Claudia, invece, un’altra mamma, promette che il suo prossimo figlio «sicuramente non nascerà  al Gemelli» e annuncia di voler portare avanti una class action. C’è ansia, insomma, nei volti dei genitori anche al San Camillo e al Bambin Gesù, le altre due strutture che stanno visitando in totale 150 neonati al giorno. In questo modo, per la fine di agosto, lo screening sarà  completato.
Intanto si muove la politica (l’Api chiede che il ministro della Salute Ferruccio Fazio venga a riferire in Parlamento) e anche la magistratura. La prossima settimana l’infermiera verrà  ascoltata dai carabinieri del Nas. La donna si era vaccinata contro la tbc una decina di anni fa. Il suo caso ha convinto Fazio a diramare una circolare per specificare che «i programmi di sorveglianza devono riguardare anche i soggetti vaccinati, considerata la limitata efficacia del vaccino».


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