Accordo del 28 giugno Perché la Cgil ha fatto un passo avanti
Il 28 giugno è stato ripristinato il ruolo del contratto nazionale e sono state stabilite chiare regole per la competizione tra le organizzazioni sindacali, fissando punti di assenso reciproco sul fondamentale tema della democrazia sindacale. È evidente il salto in avanti dalla democrazia di organizzazione a quella sindacale, perché viene valorizzato il ruolo delle Rsu elette da tutti i lavoratori. Sono ampliati gli spazi democratici, sebbene il manifesto sostenga il contrario. I lavoratori vengono infatti coinvolti e possono validare gli accordi anche con lo strumento del referendum. È previsto inoltre un vincolo specifico sulle Rsa, ossia sulle strutture di base di sigla. L’accordo stabilisce che è sufficiente un solo sindacato per rivendicare il referendum tra i lavoratori. E qualora almeno il 30% dei dipendenti richieda quel voto, anche senza il consenso di un sindacato interno, la parola passerà comunque alla base.
Il problema oggi è come estendere l’accordo del 28 giugno per contrastare gli effetti dell’articolo 8. Mentre continua la lotta, sul piano del diritto e della tutela sindacale, per l’abolizione di quell’articolo. Il voto favorevole degli iscritti rafforzerà questa stessa lotta. La firma del 21 settembre è stata apposta sulla base del mandato del comitato direttivo nazionale del 9 settembre. Non è iniziativa estemporanea del segretario generale. «Indecente», per utilizzare le parole di Campetti, non è l’interpretazione dell’autonomia del sindacato da parte della Cgil, bensì il disegno politico che può celarsi dietro i ripetuti attacchi all’unica organizzazione che in questi anni ha fatto l’opposizione al governo nel paese. Offrendo una «sponda» sociale, raramente percorsa dalle forze dell’opposizione. Sorge infine il dubbio legittimo che il manifesto – a giudicare dall’esposizione di una sua firma così autorevole – abbia deciso di militare tra coloro che intendono restare a guardare mentre la crisi del berlusconismo trascina il paese nel caos. Noi, nel rispetto dell’autonomia delle forze politiche e dei movimenti, facciamo la nostra parte affinché i lavoratori siano protagonisti della battaglia politica e sociale.
*Segretario confederale Cgil, Coordinatore area programmatica «Lavoro-Società »
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Cari compagni stupefatti, il manifesto e il sottoscritto hanno semplicemente ribadito il giudizio già dato sull’accordo del 28 giugno. In quanto alla democrazia d’organizzazione, che vi potevate aspettare da degli eretici radiati dal Pci in nome del centralismo democratico, già 42 anni fa? Infine, ammettiamo la nostra colpa: pensiamo che sia un diritto degli iscritti a un grande e democratico sindacato potersi esprimere con un voto che cambia l’intera materia della contrattazione. Nessun disegno politico nascosto dietro l’articolo che vi lascia stupefatti, ma un palese dissenso. Il manifesto sta a guardare mentre il paese va a fondo? Per fortuna c’è chi si batte contro Berlusconi e lo fa insieme a chi ha in mente un modello sociale, politico, economico forse persino peggiore di quello attuale.
Loris Campetti
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