Agenzia nucleare, Veronesi sbatte la porta

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MILANO – Il suo sogno, «fare dell’Italia un Paese all’avanguardia scientifica e civile», è tramontato. Così l’oncologo Umberto Veronesi, con una lettera al ministro dello Sviluppo Paolo Romani, motiva la sua decisione di lasciare la guida dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. Un organismo di cui si è parlato tanto ma che di fatto non è mai nato: istituito il 23 luglio 2009, non ha una sede, non ha personale, e ha un budget risicato e incerto. Dopo Fukushima e la sconfitta dei sostenitori dell’atomo al referendum del 12 e 13 giugno, dal governo non arrivano più notizie sul suo futuro e il colpo finale sembra in arrivo con la manovra anticrisi: per tagliare i costi, un emendamento dell’opposizione propone la soppressione dell’ente e il trasferimento dei compiti all’Authority per l’energia.
Veronesi, che per quell’incarico era arrivato a dimettersi da senatore del Pd – anche per i malumori della componente ecodem – ora annuncia il suo abbandono. Prende atto del fatto che un piano nucleare per l’Italia, obiettivo del quale si era «professionalmente innamorato», non c’è più. «Sappiamo entrambi – scrive a Romani – che, per vari motivi, di cui alcuni imprevedibili e incontrollabili, il progetto nel suo ampio respiro non potrà  certamente essere realizzato; il mio interesse e il mio ruolo non hanno dunque per me più ragione di esistere».
Lo scienziato si ritiene un uomo fuori luogo in un’agenzia che oggi dovrebbe perseguire obiettivi secondari rispetto a quello per il quale è stato concepito. «Mi sono dimesso da qualcosa che era nato asfittico e non ha mai preso forma – si è sfogato Veronesi con il Sole 24 ore – Ora non voglio occuparmi, nella migliore delle ipotesi, solo di scorie». Dopo il referendum, infatti, l’agenzia dovrebbe seguire lo smantellamento delle centrali chiuse dopo il referendum del 1987 e l’individuazione del deposito nazionale delle scorie radioattive, la partita più difficile, viste le sollevazioni a cui sono andati incontro, finora, tutti i tentativi di stabilire per legge dove sotterrare i rifiuti. «Con le dimissioni di Veronesi perdiamo una figura di grande prestigio ma l’agenzia rimane in piedi: sarà  più snella ma non meno importante», assicura il sottosegretario allo Sviluppo Stefano Saglia. La pensa così anche lo stesso Veronesi, che nella sua lettera a Romani scrive: «Sono convinto che l’agenzia debba assolutamente rimanere in vita, pur con compiti ridimensionati».
Ma per i Verdi così si rischia solo di mantenere in piedi un carrozzone inutile, un lusso in un momento di caccia agli sprechi. «Dopo il referendum che ha detto definitivamente “no” al nucleare – attacca il leader nazionale Angelo Bonelli – non c’è ragione perché si continui a tenere in piedi l’Agenzia, concepita unicamente per la costruzione delle centrali atomiche volute dal governo Berlusconi e sonoramente bocciate dai cittadini». Non la pensa così il magistrato ed ex consigliere giuridico dell’Aiea Stefano D’Ambruoso, uno dei quattro commissari nominati dal ministero per affiancare Veronesi: «L’Italia non ha un organismo che faccia da interlocutore con le authority di altre nazioni, come la Francia, la Svizzera e la Slovenia, che hanno centrali nucleari a pochi chilometri da noi. Quella di Veronesi è una perdita grave: gli va riconosciuto che ha dimostrato fermezza mantenendo il suo incarico nonostante le critiche, rinunciando anche al suo posto da senatore e a un cospicuo compenso. È raro che succeda, in tempi di grande avidità ».


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