Armamenti a Taipei, Pechino si infuria con Washington

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 PECHINO.Convocazione dell’ambasciatore e minaccia di rivedere le relazioni bilaterali, inclusi gli accordi sulla sicurezza. Pechino ieri ha reagito con rabbia alla conferma che l’amministrazione Obama intende rimettere a nuovo la flotta di caccia F-16 di Taiwan, l’isola dove durante la Guerra civile si rifugiarono i nazionalisti del Kuomintang e che la Repubblica popolare considera parte integrante del suo territorio. Il vice ministro degli esteri Zhang Zhijun ha parlato di «grave interferenza» negli affari interni della Cina e di «segnale errato verso le forze separatiste che vogliono l’indipendenza di Taiwan» e ha dichiarato che l’accordo, del valore di 5.85 miliardi di dollari, «metterebbe inevitabilmente a repentaglio i rapporti bilaterali». Zhang ha invitato Washington a «cancellare immediatamente la decisione sbagliata».

Con la sua mossa, che dovrà  essere ratificata dal Congresso, Obama cerca di non venire meno agli obblighi nei confronti dell’alleato fissati dal «Taiwan Relations Act» e, nello stesso tempo, di non irritare Pechino, a cui gli Stati uniti con la recessione alle porte hanno un gran bisogno di continuare a vendere i propri buoni del debito pubblico e a cui chiedono di rimuovere le barriere commerciali per il made in Usa.
A Taipei, che avrebbe voluto 66 F-16 nuovi per contrastare il riarmo cinese, non è rimasto che fare buon viso a cattivo gioco: «Dopo l’aggiornamento, la capacità  di combattimento della nostra aviazione sarà  migliorata» ha assicurato il ministro della difesa Kao Hua-chu.
Silenzio dalla Lockheed Martin, che aveva giudicato essenziale la fornitura per mantenere la produzione e i livelli occupazionali (2000 operai) nel suo impianto di Forth Worth, in Texas, e che ora si dovrà  accontentare di ammodernare 145 aerei da guerra dell’ex Formosa. Ma il senatore repubblicano John Cornyn, del Texas, ha parlato di «capitolazione» nei confronti della Cina che dovrebbe preoccupare tutti gli alleati degli Stati uniti.
Secondo James Holmes, docente di strategia presso lo US Naval War College, «gli F-16 di Taiwan stanno invecchiando e migliorare i sistemi elettronici, i sensori e così via non inverte questa tendenza: l’intera flotta continua a essere meno affidabile e necessita di maggiore manutenzione». E J. Michael Cole, vice direttore di Taipei Times, prevede che a Taipei «potrebbero sollevare dubbi sull’impegno di Washington nei confronti degli alleati nella regione».
La protesta della Repubblica popolare è arrivata il giorno dopo che il nuovo ambasciatore statunitense – il sino-americano Gery Locke sbarcato a Pechino con la missione di spingere le aziende Usa nel mercato cinese – aveva accusato la Cina di bloccare l’accesso a diversi prodotti made in Usa, dalle carte di credito ai polli le cui esportazioni, dopo l’entrata in vigore un anno fa di pesanti dazi, sono crollate del 90%. Washington ha annunciato che si rivolgerà  all’Organizzazione mondiale del Commercio per chiedere che la Cina rispetti i suoi obblighi.


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