Cile, Pià±era non convince Onu e studenti

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Lo stesso giorno, circa 150.000 persone hanno sfilato nella capitale Santiago per chiedere una riforma del sistema educativo. Cinquanta arresti per i «gravi disordini» sul finire della manifestazione: lancio di pietre e copertoni bruciati da parte delle frange più radicali del movimento, massiccio uso di lacrimogeni e idranti da parte della polizia. Pià±era parla così perché è isolato, «la comunità  internazionale appoggia il movimento», ha dichiarato Camila Vallejo, presidente della Federazione degli studenti del Cile (Fech): al di là  delle parole – ha detto – la supposta apertura del presidente ha portato a un nulla di fatto. Le trattative con il movimento si sono arenate per l’intransigenza del governo. «Nella vita, niente è gratuito, tutto si paga», ha dichiarato di recente Pià±era. In Cile, l’istruzione è la più cara del mondo, dopo quella degli Usa. Per accedere alle università  – che funzionano come imprese private -, oltre il 70% degli studenti è costretto a indebitarsi con le banche. Il quadro di privatizzazioni economiche introdotte dal dittatore Pinochet è ancora in piedi. Dopo il ’90, i governi della Concertacion non hanno invertito il corso della politica economica: salute, pensioni, acqua, luce, gran parte della produzione di rame (il Cile è il primo produttore mondiale), istruzione, sono privatizzati. Dalle banche alle miniere ai media, la ricchezza è nelle mani di pochi. Quanto all’istruzione, solo la scuola elementare è gratuita. Il resto, in proporzioni diverse, si paga. Gli universitari devono sborsare da uno a due milioni di pesos all’anno (da 1.500 a 3.000 euro).
La decantata crescita economica dell’economia cilena si basa sullo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali a vantaggio dei grandi gruppi privati, spesso stranieri, favoriti da un sistema fiscale benevolo e da vincoli ambientali blandi. Un modello di esclusione sociale che pesa sull’80% dei cileni in un sistema politico ancora bloccato dalla costituzione imposta da Pinochet: e che per essere modificata necessita di maggioranza parlamentare quasi impossibile da ottenere. Per questo, gli studenti non avanzano solo rivendicazioni economiche, ma premono per un cambio della costituzione e di modello politico. E, per le annunciate mobilitazioni di fine settembre, cercano l’unità  con altri settori sociali, interpretando un malessere più profondo e generale: un forte segno di crisi del modello neoliberista e dei paradigmi del mercato, eletti a dogma in un paese che ne è stato un laboratorio.


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