Demolizione controllata

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Nessun dubbio, nella versione ufficiale, che la causa fosse l’incendio provocato dall’impatto degli aerei dirottati dai terroristi. Le 300mila tonnellate di acciaio delle torri furono riciclate in gran parte in fonderie asiatiche, salvo 24 tonnellate date alla Northrop Grumman (uno dei maggiori contrattisti militari del Pentagono) per costruire una nave-simbolo, la New York: la prima di una nuova generazione di unità  da assalto anfibio per la guerra globale al terrorismo, giustificata dall’attacco alle Torri gemelle fatto vedere in diretta mondovisione. Neppure un grammo di acciaio, invece, fu dato agli ingegneri strutturali che avevano chiesto di esaminare le colonne e travature, riassemblandone alcune sezioni, per determinare con certezza la causa del crollo. «Tale decisione – dichiarò Frederick Mowrer dell’Università  del Maryland, professore di ingegneria per la protezione contro gli incendi – compromette qualsiasi inchiesta sui crolli. Giudico inquietante la rapidità  con cui sono state rimosse e riciclate prove potenzialmente importanti» (The New York Times, 25-12-2001). Nessuna torre di quel tipo, infatti, è mai crollata a causa di un incendio. Il carburante degli aerei non avrebbe potuto sviluppare un calore tale da fondere le massicce colonne di acciaio e, per di più, è bruciato per la maggior parte all’esterno delle torri tanto che, all’interno del punto d’impatto, si vedono persone incolumi. La dinamica del crollo delle Torri gemelle e della torre 7 (neppure colpita dagli aerei) – sostengono diversi esperti – ricorda una demolizione controllata provocata da esplosivi collocati all’interno. Per aver sostenuto questo, il prof. Steven Jones, docente di fisica, è stato espulso dalla Brigham Young University (Utah). Non ha però desistito. Insieme a una équipe di cui fanno parte anche scienziati di altri paesi, ha pubblicato nel 2009, sulla rivista The Open Chemical Physics Journal (che sottopone a revisione scientifica gli articoli da pubblicare), uno studio basato sull’analisi di campioni di polvere prelevati a Ground Zero. Essi rivelano la presenza di termite, sostanza non esplosiva che produce una reazione chimica con una temperatura di 2.500 gradi Celsius, in grado di fondere l’acciaio, tagliandolo come un coltello caldo taglia il burro. In una foto si vede una colonna di acciaio recisa di netto, in diagonale, con colature simili a quelle di una candela. E, poiché la termite non ha bisogno di aria per bruciare, la reazione continuò per giorni a sviluppare calore sotto le macerie, nonostante che i pompieri le raffreddassero con continui getti d’acqua. Su queste e altre prove scientifiche si basa lo studio del prof. Steven Jones, che ha sfidato gli scienziati sostenitori della versione ufficiale a confutarlo. Essi si sono però rifiutati di leggerlo, dicendo di non avere tempo. Ma la versione ufficiale sta crollando nel modo in cui sono crollate le torri: come un castello di carte.


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