Dietrofront di Obama sull’inquinamento
NEW YORK – Nell’America di Barack Obama si respira la stessa aria dei tempi di George W. Bush. E si continuerà a respirarla per un pezzo. Con una retromarcia a cui ha dato più gas di un’accelerata il presidente eletto col voto determinante degli ambientalisti ha deciso di lasciare i limiti sulle emissioni così come sono. Non ci saranno le promesse e annunciate nuove regole messe a punto dalla sua stessa Epa: l’ente per la protezione ambientale. I limiti dell’ozono resteranno gli stessi. La concentrazione è calcolata dagli scienziati utilizzando unità che si chiamano Dobson e che si misurano in parti per miliardi. L’attuale limite è di 75 per miliardi: gli esperti scientifici del governo raccomandavano una quantità tra 60 e 70. Niente. Combinato con altri elementi l’ozono diventa quel killer responsabile di una serie di malanni: dall’asma al cuore. Ma è stato il presidente in persona a prendere carta e penna e scrivere al capo dell’Epa Lisa P. Jackson chiedendole di fermare tutto. Ne riparliamo nel 2013
Per carità : l’intenzione resta. Ma l’uomo che fece passare alla Camera la rivoluzione ambientale poi spenta al Senato ritiene che i nuovi limiti sarebbero un fardello troppo pesante per l’industria e le amministazioni locali in questo momento di difficoltà economica. Sono le stesse parole della destra e degli imprenditori che si sono coalizzati per far recedere quel presidente nero dal credo verde che proprio questa settimana presenterà all’America la sua ricetta per farla uscire dal profondo rosso. E infatti mentre gli ambientalisti insorgono e minacciano di abbandonarlo è proprio dal mondo del business e dagli avversari che arriva un sentitissimo grazie. «Se il discorso sull’occupazione sarà positivo come questa decisione sarà un successo». Sottinteso: nostro. Perché a parlare è quel John Engler che oltre a essere stato governatore repubblicano dell’inquinante Michigan (lo stato di Detroit e dell’auto) oggi è il capo di una lobby che si chiama Business Roundtable.
Ma lo sa bene anche la Casa Bianca che i nuovi limiti si sarebbero fatti sentire soprattutto lì: in quel Midwest industriale che sarà cruciale nella difficile battaglia per la rielezione. Risultato: il presidente che per rilanciare l’occupazione spinge sulle energie alternative fa contemporaneamente proprie le stesse tesi dei repubblicani. Le leggi sull’ambiente sono un limite per l’occupazione: «Bisogna ridurre – scrive all’Epa – i fardelli legislativi». Il tappo alle ciminiere è un tappo alla produttività e spinge le imprese a delocalizzare. Quel simpaticone di Eric Cantor – il leader Gop che adesso vorrebbe bloccare perfino gli aiuti per l’uragano Irene ma ai tempi dell’alluvione nella sua Virginia implorò i sussidi federali – ha calcolato in mille miliardi di dollari e milioni di posti di lavoro persi le conseguenze delle leggi sull’ambiente nei prossimi dieci anni. E il governatore del Texas Rick Perry – tra gli sfidanti più favoriti per la Casa Bianca – sostiene serenamente che il riscaldamento globale (e appunto il buco nell’ozono) non esiste.
Obama naturalmente la pensa diversamente. E giura anzi che continuerà «a lottare contro chi vuole indebolire l’Ente per l’ambiente e smantellare i nostri progressi». Ok, la Casa Bianca non è Versailles: ma sarà mica difficile rimediare uno specchio?
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