Europa sotto tiro al G20 di Washington

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 Il clima afoso ed uggioso di Washington che ha accolto giovedì i ministri delle finanze ed i banchieri centrali del pianeta rispecchia bene l’umore che domina tra le elite finanziarie ed i governi più influenti di fronte al riacuirsi della crisi. Il commercio mondiale sta rallentando e anche i vertici del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale ammettono che la situazione dell’economia mondiale è arrivata ad un «punto pericoloso» ed una nuova recessione nelle economie avanzate questa volta bloccherebbe anche la crescita degli emergenti, per non parlare dei paesi più impoveriti.

Neanche si sono seduti a tavola giovedì sera e i ministri delle finanze del G20 hanno emesso un comunicato in cui hanno cercato di placare i mercati e la caduta libera delle borse. I governi dei venti paesi si sono detti pronti ad iniettare ancora liquidità  per le banche europee e nord-americane in crisi, e sorprendentemente gli europei hanno accettato, sotto il pressing del Tesoro americano, che si mettesse nero su bianco l’interesse a considerare una maggiore flessibilità  per il nuovo fondo salva stati ed il relative pacchetto di salvataggio partorito a luglio scorso a Bruxelles per salvare la Grecia, il Portogallo e in caso altri paesi della periferia europa. Però non si parla apertamente di soldi, la vera sfida per intervenire eventualmente addirittura in Spagna se non in Italia. La retorica sul mantenimento delle politiche di austerità  ed allo stesso tempo del nuovo sostegno alla crescita continua a tenere banco al G20, ma difficilmente dalla ministeriale finanziaria emergeranno nuove azioni. Tutto è rimandato al vertice dei leader del G20 previsto a Cannes ad inizio novembre. Nel frattempo i grossi investitori istituzionali americani non sembrano più credere che i governi europei passino dalle parole ai fatti per evitare il default della Grecia, e così iniziano a disinvestire pesantemente dai mercati europei.
Più interessante, ed anche contradditorio, è stato invece il posizionamento dei ministri finanziari e dei banchieri centrali dei paesi emergenti, i cosiddetti Brics sempre giovedì, prima dell’inizio della ministeriale del G20. Le economie emergenti si sono dette pronte ad offrire il loro aiuto tramite il Fondo monetario internazionale ai paesi europei in difficoltà , ma gli impegni rimangono vaghi e sono emerse apertamente per la prima volta forti differenze tra le nuove potenze. Il Brasile ha fatto intendere che è pronto ad intervenire anche bilateralmente se necessario, il governo di Pechino per il momento ha affermato di continuare ad acquistare titoli del tesoro europei – ormai un terzo dei 4 trilioni di dollari di reserve di Pechino sono in Euro – ed a fare investimenti nelle imprese del vecchio continente se ben accette, ma il ministro delle finanze russo ha preso le distanze dicendo che un intervento bilaterale di Mosca sarebbe inutile. Molte meno disponibilità  avrebbe il Sud Africa, mentre l’India vuole guardare prima al proprio sviluppo interno.
Ma tutti gli emergenti hanno concordato sul fatto che la liquidità  immessa continuamente dalla banche centrali delle economie avanzate riscaldi i mercati finanziari nazionali. In breve le banche occidentali preferiscono speculare con i soldi ricevuti dalle proprie banche centrali nei paesi emergenti, oggi più sicuri e redditizi, che aiutare il credito a casa propria. E questi flussi finanziari continuano ad alimentare la speculazione sulle commodity, incluse le derrate alimentary, proprio alla vigilia di una nuova crisi alimentare.
Il ministro delle finanze brasiliano Mantega è andato ben oltre denunciando ancora una volta come le politiche espansive delle Fed americana, sostitutive di un vero stimolo fiscale, generano tensioni sui tassi di cambio a svantaggio dell’export degli emergenti, così rispedendo al mittente americano le solite critiche sul mancato apprezzamento dello yuan cinese.
Come sempre non è mancata la richiesta di attuare appieno la riforma del sistema di governo del Fondo monetario, dando più voce ai paesi emergenti e del Sud. Christine Lagarde, alla guida del Fmi, ha invitato tutti a sentirsi a casa propria nell’istituzione. Ma per i Brics, prima di mettere i soldi in una seconda casa in multiproprietà  a Washington, è necessario ottenere l’atto notarile ed il passaggio di proprietà .
*CRBM


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