Giro di vite Consob sulla comunicazione dei derivati

by Sergio Segio | 13 Settembre 2011 6:35

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MILANO – Niente più scalate striscianti grazie a strumenti derivati, come quella di Ifi-Ifil sulla Fiat del 2005, o quella di Porsche su Volkswagen. D’ora in poi chiunque voglia costruire importanti posizioni nel capitale di una società , anche attraverso strumenti derivati, dovrà  uscire alla scoperto. Una regola che vale a prescindere dal fatto che queste opzioni alla scadenza vengano liquidante in azioni o in contanti (cash settlement).
In futuro, chi costruisce una posizione in un gruppo quotato che supera il 5% del capitale dovrà  dichiararlo entro cinque giorni dalla firma del contratto derivato. La soglia è superiore a quel 2% previsto dalla Consob per un pacchetto di titoli perché la regola mira a non rendere troppo onerosa (e complicata) la normativa in tema di trasparenza e comunicazione. Se però una quota di derivati si somma a un pacchetto di azioni, la musica cambia: in questo caso bisogna dichiarare anche quelle percentuali di opzioni inferiori al 5%. Se ad esempio un soggetto possiede il 6% di azioni e strumenti derivati per un altro 4%, superando una soglia sensibile come quella del 10% è tenuto a dichiarare tutta la posizione. A maggior ragione se la somma tra azioni e derivati porta un soggetto a superare una partecipazione del 30%, che fa scattare l’obbligo di lanciare un’Opa.
A fine ottobre, dopo i tempi di rito della gazzetta ufficiale (30 giorni dalla pubblicazione) e delle comunicazioni di mercato (5 giorni), chiunque a Piazza Affari abbia, attraverso titoli e derivati, partecipazioni significative che comportano il superamento di soglie sensibili, dovrà  uscire allo scoperto, oppure “smontare” questo tipo di derivati prima di questo periodo. C’è quindi un mese di purgatorio in cui potrebbero emergere novità  importanti, tipo a chi fanno capo partecipazioni storiche che sono intestate a dei gruppi bancari per “conto terzi”, e che invece potrebbero essere a garanzia di strumenti derivati che fanno capo ad altri soci. E’ il caso di quel 2,6% di Premafin del Crédit Agricole o di vari pacchetti che Ubs custodisce in alcune aziende quotate. Ugualmente se pacchetti di derivati sono in capo a diversi soggetti legati insieme da un vincolo di parentela, si presume il concerto, e quindi gruppi di familiari saranno obbligati ad aggiornare le loro posizioni tra opzioni e titoli. Inoltre, per evitare escamotage per eludere la ratio della disciplina, chi costruisce contemporaneamente un’operazione di acquisto e vendita (per esempio un’opzione call per comprare un 5% e una put sul 5%) dovrà  comunque dichiarare la sua posizione, in quanto le due operazioni non si annullano ai fini della trasparenza.
Il caso è diverso per i così detti market maker: qui la soglia di derivati non va comunicata, visto che è insito nel lavoro di quell’operatore, custodire importanti pacchetti per garantire la liquidità  di un titolo. Tuttavia se il market maker supera il 30% del capitale, dovrà  ugualmente comunicarlo perché questa soglia è anche quella che fa scattare l’obbligo di lanciare un’Opa. Nel caso di derivati su un indice invece va comunicato solo il superamento del 20% del paniere o dell’1% di un singolo titolo.

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