IL BASTONE DI GOVERNO

by Sergio Segio | 22 Settembre 2011 6:38

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È vero che l’Italia, tra truculenza e impotenza, non è oggi in grado di accogliere i migranti e di dare asilo ai richiedenti o a chi ne ha diritto. Ma è sempre stato così, almeno da più di dieci anni, da quando furono istituiti i Cpt. Le rivolte sono state continue, in Sicilia e altrove. Amato, Pisanu e Maroni non hanno mai saputo far di meglio che promettere la linea dura e stringere accordi con Gheddafi e Ben Alì, come oggi li stipulano con i governanti di Tunisi e i nuovi, apparenti, padroni della Libia. Mai un tentativo di impostare una politica generale, di rinunciare allo ius sanguinis per lo ius soli, di semplificare le procedure di regolarizzazione, soggiorno e cittadinanza, di riconoscere diritti a gente che scappa dalla guerra e dalla fame. La sola risposta, in nome della «legalità » è sempre stata quella delle espulsioni, che oggi naturalmente sono complicate dalla confusione politica sulla riva sud del Mediterraneo e, banalmente, dalla mancanza di soldi.
Le rivolte e la guerra di Libia hanno ovviamente reso il tutto ancora più complesso e oscuro. Solo ieri Amnesty International denunciava l’assoluto disinteresse degli europei, Nato in testa, per la sorte degli africani fuggiti dalla Libia o dalla Tunisia durante la guerra. Decine di migliaia di persone che affrontano la morte in mare perché non sanno letteralmente dove andare. Invece di infastidire il mondo con la favola dei 500.000 clandestini di Maroni, un governo decente avrebbe dovuto prevedere quello che sarebbe successo (non ci voleva molto) e correre ai ripari, in nome di quella protezione dei civili (e cioè degli esseri umani non combattenti) che è stata così frettolosamente invocata per mandare gli aerei a bombardare la Libia. Ma nulla di tutto questo. E ciò vale, sia ben chiaro, anche per gli altri paesi europei.
E ora proviamo a metterci nei panni di quelli che si sono rivoltati a Lampedusa. Alla loro disperazione si somma il menefreghismo di questo governo, che li lascia marcire in strutture fatiscenti e oppressive. E che non dà  loro nessuna prospettiva, anche minima. E che dovrebbero fare? Accettare di subire e vivere, come carcerati, di pane e acqua? Tra l’altro, come non capire che il loro grido «libertà , libertà !» echeggia, ma sì, quello dei loro coetanei tunisini, egiziani e libici? Solo che, una volta arrivati qui, non conta più nulla. Perché, lo dimenticavo, ora sono in una democrazia, che garantisce i diritti di tutti…
Bruttissimo segnale, quello degli scontri con gli isolani. Non si tratta solo di un’isola claustrofobica, in cui inevitabilmente scoppiano conflitti di prossimità . Parlo di un paese che ogni giorno che passa si avvicina alla catastrofe economica e sociale, e in cui la tentazione di pigliarsela con il nemico di turno è fin troppo visibile, a partire dalla cosiddetta Padania.
Ed è ecco un motivo in più per mandare a casa questi governanti torvi e inetti, a partire dal loro capo. Ne va della vita di questa povera gente in balia di un mondo impazzito, ma anche di noi, se vogliamo restare umani.

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