Il Cavaliere e le schede sudamericane “Mi tocca telefonare come i mafiosi”

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NAPOLI – Il faccendiere Valter Lavitola aveva minacciato di «bastonare» Niccolò Ghedini, l’avvocato e consulente giuridico di Silvio Berlusconi “reo” di aver espresso parere negativo alla candidatura dell’editore dell’Avanti! alle elezioni. Rispondendo come teste ai pm, Ghedini aggiunge di aver più volte consigliato al premier «di non frequentare» Lavitola. «E il dottor Letta ancora di più». Ma il Cavaliere non ha mai interrotto questo legame al punto da ricevere dal faccendiere tre telefoni con utenze straniere. «Per la verità  mi apparve piuttosto seccato – ricorda il maggiordomo di Berlusconi, Alfredo Pezzotti – di questa modalità  attraverso la quale doveva mettersi in contatto con Lavitola e, se non ricordo male, mi disse: “Ma guarda un po’, queste cose le fanno i mafiosi”…o qualcosa del genere». I verbali con le audizioni di Ghedini e Pezzotti sono stati ora depositati insieme ad altri documenti raccolti dai pm Curcio, Piscitelli e Woodcock.
«MI VOLEVA BASTONARE»
Racconta Ghedini che Lavitola reagì malissimo quando gli fu comunicata l’esclusione dalle liste elettorali. Berlusconi spiegò a Lavitola «che ciò era dovuto al fatto che sia io sia il dottor Letta avevamo dato un nettissimo parere negativo». Allora Lavitola «andò in un ufficio dal presidente» e parlando con Marinella Brambilla, la segretaria del premier, rivolse «minacce di tipo fisico» all’indirizzo di Ghedini: «Io mi sono limitato a esprimere un parere e adesso dice di volermi bastonare fisicamente, se lo domandate a Marinella ricorda perfettamente questo episodio».
I TELEFONI SEGRETI
Alfredo Pezzotti è, dal 1991, il maggiordomo romano di Berlusconi al quale in due occasioni passa il cellulare mentre dall’altro lato c’è Valter Lavitola, in collegamento dall’estero. Pezzotti racconta di aver ricevuto da un collaboratore di Lavitola, Rafael Chavez, tre telefoni con schede «argentine o panamensi non ricordo, comunque ritengo fossero del paese dove si trovava Lavitola», precisa. «Lavitola mi preannunciò che mi avrebbe inviato questo suo collaboratore a nome Rafael Chavez a Palazzo Grazioli per consegnarmi tre telefoni con utenze straniere, spiegò che era necessario che il presidente utilizzasse queste utenze per parlare con lui che si trovava all’estero» e racconta di aver preso in consegna gli apparecchi. «Circa due o tre giorni dopo, alla presenza del presidente Berlusconi, composi il numero di telefono dell’utenza straniera in uso a Lavitola e passai la comunicazione al presidente Berlusconi che iniziò a parlare con Lavitola». A domanda dei pm, Pezzotti rileva: «Il Presidente Berlusconi era a conoscenza dell’invio dei telefoni con schede sudamericane da parte del Lavitola».
I SOLDI A TARANTINI
Ghedini risponde, nel corso dell’audizione, di non essersi «mai occupato delle problematiche economiche del presidente. Faccio l’avvocato penalista, non è mestiere mio quello di gestire i fondi del presidente». Il pm Piscitelli, con un sorriso, obietta: «Tranne che per la storia dei 500 mila euro», riferendosi al finanziamento erogato da Berlusconi a Gianpaolo Tarantini attraverso Lavitola e ora al centro dell’accusa di estorsione ai danni del premier. «No, quella l’ho saputa ex post e ho cercato di intervenire come potevo», replica Ghedini, che spiega di aver manifestato a Berlusconi le sue «perplessità » per il pagamento perché, afferma, «ritenevo assolutamente inopportuno che ci fossero rapporti economici di questo tipo con un soggetto che aveva procurato un rumore mediatico così straordinario…gli ho detto, per carità , se è possibile annulla tutto». Prosegue Ghedini: «Il presidente non mi disse che c’erano state altre somministrazioni. L’ho saputo in seguito. Quando abbiamo parlato della vicenda mi ha detto: “Ma guarda che gli ho dato anche un aiuto nel corso dei mesi passati”. E io ho espresso le stesse identiche perplessità , anche perché mi ha detto di averle somministrate sempre per il tramite di Lavitola».
UN LAVORO PER GIANPI
Un altro aspetto scandagliato dai pm riguarda il contratto di lavoro presso la società  Andromeda ottenuto tramite Lavitola da Tarantini mentre si trovava agli arresti domiciliari. Ghedini dice che Berlusconi gli aveva più volte «rappresentato che Tarantini gli scriveva dicendo di non poterne più di stare agli arresti domiciliari e Nico (l’avvocato D’Ascola difensore di Tarantini fino all’estate 2010 n.d.r.) mi aveva più volte detto che Tarantini lo stressava e continuava a dirgli che bisognava trovargli un lavoro». Quindi ricorda di aver ricevuto una telefonata di Berlusconi che gli disse «chiama l’avvocato D’Ascola che forse ha la possibilità  di aiutare Tarantini a trovare un lavoro, fallo venire a Palazzo Grazioli». All’incontro però si presentò Lavitola, non il premier, e Ghedini ricorda di essersene lamentato con Berlusconi dicendogli: «Non voglio più avere contatti con quel signore». Durante l’audizione il pm obietta all’avvocato di aver svolto, nella vicenda, «un ruolo che a me sembra, come dire, un po’ stravagante rispetto a quella che è la sua collocazione professionale». Ghedini non ci sta e risponde: «Le opinioni sono tutte rispettabilissime, ma non l’ho ritenuto stravagante perché svolgendo un ruolo di difensore del presidente, essendomi occupato per lui delle vicende di Tarantini e avendomi chiesto lui la cortesia di contattare un collega che in qualche modo era stato auspicato da lui nella difesa di Tarantini, che lui ritiene un perseguitato e che quindi ritiene uno che doveva essere aiutato, tanto che mi aveva chiesto di difenderlo, per me è stato assolutamente naturale. Non c’era nulla di antigiuridico nel trovare lavoro alla persona agli arresti domiciliari – afferma ancora Ghedini – nulla di men che trasparente, non ho ravvisato neanche il profilo di natura deontologica perché non c’era dazione di denaro, un favore, una raccomandazione».
LA PROMESSA MEDIASET
Un altro teste, l’imprenditore calabrese Bruno Crea, direttore commerciale di Andromeda, mette a verbale: ««Tarantini mi disse che, grazie ai suoi rapporti con Berlusconi, avrebbe potuto far affidare da Mediaset ad Andromeda i servizi di call center. Poi non se n’è fatto più niente».


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MILANO — «Il cambiamento è la legge della vita. E chi guarda solo al passato o al presente è certo di perdere il futuro». L’armata grillina pronta ad «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» (copyright di Beppe Grillo) è eterogenea, ma compatta alla parola d’ordine «rinnovare».

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 AVEVANO preso l’impunità giudiziaria e l’avevano chiamata “agibilità politica”. L’ennesimo trucco, etico e politico, che violenta le parole e la verità. Per fortuna, il tentativo, tecnicamente eversivo, è fallito. Giorgio Napolitano rompe l’assedio che da settimane Berlusconi e le truppe del Pdl avevano lanciato intorno al Colle. E lo fa nel modo più fermo, chiaro e inequivoco.

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