Il paese che si blinda con l’antifurto “Un allarme unico per tutte le case”

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PIEVE DI CORIANO (Mantova). Un euro al giorno toglie il ladro di notte? Il sindaco Andrea Bassoli, assicuratore e ciclista, due furti in due anni, si è fatto una domanda e si è dato una risposta. «Sissignori. Al costo di un caffè faccio vivere tranquilla la mia gente».
Avviso ai topi di appartamento: se avete in mente di (continuare a) fare shopping nelle case di Pieve di Coriano – dove finora avete agito in scioltezza – lasciate perdere. La festa è finita e Fort Knox adesso si è trasferito qui, terra di tartufi e biciclette sull’argine del Po, a metà  strada tra il lago di Garda e il mare Adriatico, dove puoi non vedere una macchina per chilometri ma i ladri, loro, ci vedono benissimo. Soprattutto al buio. Assalti in villa, buchi per entrare negli uffici, razzie o anche colpi stupidissimi, da ladri di galline, tipo tre succhi di frutta prelevati dal frigorifero però, ed è ancora più odioso, sempre quando la gente è in casa e sta dormendo.
Va così dal 2006, l’ultima ondata predatoria a maggio. Il Comune adesso ha detto basta e, primo caso in Italia, ha varato un impianto d’allarme unico per l’intero paese. Al costo, appunto, di un euro al giorno per ogni famiglia. Come funziona? Non pensate a una sirena centrallizzata, nessun grande cervellone. Molto più semplice: l’amministrazione comunale, grazie a una convenzione siglata con l’Istituto provinciale di vigilanza di Mantova, offre il sistema di sicurezza a tariffe agevolate. Le famiglie – 450 per un totale di 1069 abitanti – possono o acquistarlo o noleggiarlo al costo di 30 euro al mese. Il contratto dura cinque anni. Dopodiché l’impianto di allarme può essere riscattato con un centinaio di euro, oppure si può rinnovare l’abbonamento. Completa il ventaglio delle offerte un rinforzo della vigilanza notturna: in pratica, pagando 3,5 euro l’anno, ogni famiglia può incrementare le ronde dei vigilantes, già  attive, fino a tre giri del paese. Dall’attracco fluviale alla zona artigianale.
«Non c’è nessuna psicosi – dice il sindaco Bassoli, al secondo mandato, giunta di centrosinistra – ma la richiesta di maggiore sicurezza viene proprio dai cittadini. È chiaro che più contratti riusciremo a sottoscrivere e più controlli avremo». Vista così sembra che Pieve sia una succursale di Caracas o un avamposto libico. In realtà  il primo cittadino sostiene che «come furti siamo più o meno nella media degli altri paesi». Ma si capisce che danza sui cristalli: se da una parte vuole sensibilizzare la comunità  ad abbonarsi alla sicurezza privata, dall’altra non può alimentare ulteriori paure.
Da notare: in paese ci sono già  sette telecamere. Le hanno messe tre anni fa, 36 mila euro di spesa. Sono collegate via wireless a una centrale operativa del municipio e la stazione dei carabinieri di Revere, il paese vicino. «A proposito, funzionano queste telecamere?», chiede Bruno Pelin al bar Acli, in piazza Gramsci. È inutile negare che un po’ di scetticismo c’è. Anche sul costo. «È vero che un euro al giorno è un caffè, ma fanno 365 euro all’anno per 450 famiglie». Lino Mazzola fa due conti e, sotto la facciata romanica di Santa Maria Assunta, allarga le braccia. A giugno nella prima assemblea pubblica organizzata dal sindaco, la risposta è stata positiva. «Da lì ho capito che la cosa può funzionare», sostiene Bassoli. A fine settembre ci sarà  un altro incontro. L’operazione allarme cooperativo sarà  già  avviata. «In paese ci sono già  un centinaio di case dotate di allarmi privati. Se riusciamo a sottoscrivere almeno un altro centinaio di contratti è un ottimo risultato. A quel punto i ladri dovranno sceglierle con il lanternino le case da svaligiare». Luca Morandi fa l’imbianchino. Per ora ha solo dei sensori sulla porta di ingresso. Sta valutando se accettare la proposta del Comune. «Un euro non è tanto, ma l’importante è che questi allarmi siano davvero efficaci».
Chissà  cosa ne pensano le bande di rapinatori che calano dal Veneto. Non professionisti. Piuttosto, spiegano in municipio, ladri improvvisati. «Quelli che hanno preso i carabinieri erano romeni, minorenni». A maggio si sono dati da fare. Oltre all’ufficio dell’agenzia di assicurazioni Unipol gestita dal sindaco, hanno preso di mira le abitazioni del carrozziere, di un paio di pensionati e di una famiglia appena arrivata in paese. Sembrava di essere tornati all’anno orribile 2006, quella dei colpi a ripetizione. C’è da dire che nonostante le visite dei ladri, Pieve – in controtendenza rispetto alla media dei paesini – continua a popolarsi. Sette anni fa gli abitanti erano 800. Oggi mille e sessanta. Molti lavorano all’ospedale, una sede distaccata del Carlo Poma di Mantova che impiega 400 persone. «Siamo un paese giovane e pieno di bambini. E senza disoccupazione. Qui c’è un certo benessere. Forse – conclude Bassoli – i ladri ci hanno preso di mira per questo».


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