«A Napoli solo un trappolone»

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NAPOLI — Non si incontrano e difficilmente si incontreranno i magistrati della Procura di Napoli e Silvio Berlusconi. Almeno finché le rispettive posizioni rimarranno immutate. Il procuratore Lepore, il suo aggiunto Greco e i sostituti Piscitelli, Woodcock e Curcio vogliono sentire il premier come persona informata dei fatti — quindi non assistita da un avvocato e obbligata a rispondere alle domande — nell’inchiesta sulla presunta estorsione ai suoi danni della quale sono accusati Valter Lavitola, Gianpaolo Tarantini e la moglie Angela Devenuto. Lui, dopo aver inutilmente provato a risolvere la faccenda inviando in Procura una memoria scritta, sarebbe disposto a sedersi davanti ai magistrati solo in qualità  di indagato in procedimento connesso, individuato dai suoi legali in quello di Milano sul caso Ruby. Così avrebbe gli avvocati accanto e potrebbe avvalersi della facoltà  di non rispondere. Una richiesta in questo senso è già  stata avanzata martedì scorso dal difensore di Berlusconi, Nicolò Ghedini, e il giorno successivo la Procura l’ha rigettata. Ieri ne è arrivata un’altra pressoché identica. Con argomentazioni giuridiche tese a contrastare le motivazioni del rigetto, ma la sostanza è che Berlusconi o si fa interrogare con la possibilità  di non rispondere alle domande che gli verranno poste, o non si fa interrogare.
Per quella deposizione ha «l’aria di un trappolone politico-mediatico-giudiziario», come scrive nella lettera a Giuliano Ferrara pubblicata dal sito del quotidiano Il foglio. Quindi niente da fare. «Confermo che allo stato non andrà », dice l’altro suo legale, l’avvocato Piero Longo. Perché «ci sono ancora difformità  interpretative tra la Procura e la difesa del premier».
Ma niente lascia supporre che queste «difformità  interpretative» possano sfumare. La Procura è decisa a rigettare anche la seconda istanza e aspettare fino a domani, ultimo dei quattro giorni proposti a Berlusconi per scegliere data e orario dell’interrogatorio, prima di fare qualunque mossa. Che, restando così le cose, non potrebbe essere altro che avviare le procedure per chiedere al Parlamento di autorizzare l’accompagnamento coattivo del premier. E però non è ancora detto che ci si arrivi, perché c’è anche l’ipotesi che l’inchiesta passi di mano. La questione della competenza territoriale è ancora aperta, e la prossima settimana i difensori degli indagati potrebbero sottoporla al tribunale del riesame nell’udienza già  fissata per mercoledì. In quell’occasione è probabile che i pm depositino ulteriori atti, relativi al lavoro degli ultimi giorni, così come non sono da escludere nuovi contatti con i magistrati baresi titolari dell’inchiesta appena conclusa su Tarantini e le escort reclutate per Berlusconi.
Che a sua volta è atteso nel frattempo da un altro appuntamento giudiziario: l’udienza del processo Mills in programma lunedì a Milano. Ieri aveva fatto sapere che non sarebbe stato presente perché impegnato a organizzare il viaggio negli Stati Uniti per l’assemblea plenaria dell’Onu. Ma poi la scena è cambiata e Berlusconi ha annunciato che andrà  in tribunale. Ufficialmente per un rinvio del viaggio. Ma pare che le Nazioni Unite non abbiano accettato che il premier sostituisse il ministro Frattini già  accreditato per rappresentare l’Italia.


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