La “troika” Bce-Fmi-Ue torna ad Atene ma i manifestanti occupano i ministeri

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Ministeri occupati dai dipendenti, taxi e ospedali in sciopero e nuove manifestazioni fino a tarda serata davanti al Parlamento. Atene ha dato ieri il bentornato (a modo suo) alla delegazione della “troika”, rientrata nella capitale per valutare l’ok alla nuova tranche da 8 miliardi di aiuti per la Grecia. La prima riunione prevista in mattinata tra gli inviati di Ue, Fmi e Bce e il governo Papandreou è saltata dopo che i rappresentanti di Bruxelles e Washington hanno trovato il portone del ministero delle Finanze a Syntagma, proprio di fronte al Parlamento, bloccato da una delegazione di impiegati, scesi in piazza per protestare contro l’ennesimo piano di austerity. Negli stessi minuti – con un blitz coordinato dal potente sindacato dei lavoratori statali Adedy – i loro colleghi hanno occupato le sedi dei dicasteri della Giustizia, dell’Interno e dell’Agricoltura. Le manifestazioni sono continuate per diverse ore, con l’ormai tradizionale rogo dei bollettini delle tasse, cortei spontanei e locali pubblici off-limits per tutti. In tarda serata la situazione è tornata alla normalità  quasi ovunque salvo che alle Finanze, dove l’occupazione dovrebbe proseguire per due giorni.
Le manifestazioni non sono riuscite a far deragliare del tutto il programma della troika che ha avuto ieri un primo incontro «sereno e costruttivo» con il titolare del dicastero dell’Economia Evangelis Venizelos. Sul tavolo la lettera inviata da Atene a Bruxelles nei giorni scorsi, una sorta di road map che dettaglia con precisione gli impegni di Atene per centrare l’obiettivo di bilancio nel 2011 e nel 2012. Gli organismi internazionali dovranno valutare la fattibilità  di queste misure (la Grecia fino ad oggi non è quasi mai riuscita a rispettare gli obiettivi posti da Bruxelles) per dare poi il via libera “tecnico” agli aiuti. La benedizione formale dovrebbe arrivare all’Eurogruppo del 13 ottobre, giusto in tempo per consentire all’esecutivo di pagare gli stipendi pubblici di ottobre.
La strada però, malgrado l’ottimismo degli uomini più vicini al premier, resta in salita. Il problema non è tanto il parere della “troika”, quanto la tenuta sul fronte domestico. L’Europa sembra infatti essersi rassegnata a riaprire i cordoni della borsa, se non altro perché il sistema creditizio continentale non è in grado in questo momento di assorbire lo choc di un default improvviso di Atene senza innescare un pericoloso effetto domino. Meno chiara è invece la tenuta del governo Papandreou in Parlamento. La maggioranza del Pasok (154 voti su 300) ha tenuto nella votazione sulla patrimoniale immobiliare di martedì. Ma è stata costretta ieri a rinviare di nuovo la discussione sui tagli nel settore pubblico promessi alla “troika” – 30mila dipendenti finiranno in mobilità  al 60% dello stipendio – per non rischiare un “no” che potrebbe avere conseguenze disastrose. Qualche deputato socialista ha espresso in pubblico parere contrario a queste misure e Papandreou (che oggi incontrerà  Sarkozy a Parigi) sta cercando di serrare le fila del partito in vista del voto posticipato a domenica.


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