L’ombra degli “aiuti” di Binasco ora si allunga sul Pd di Torino

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TORINO – C’era un “sistema” dietro la generosità  del gruppo Gavio e di Bruno Binasco nei confronti della sinistra torinese? E, in particolare, del Pci prima e poi del Pds e del Pd? E’ la domanda che agita in queste ore la Torino politica, dopo la pubblicazione di un’intercettazione telefonica del 14 dicembre 2010 nella quale Binasco, braccio destro ed erede dello scomparso Marcellino Gavio, spiega alla sua segretaria dove trovare “dieci biglietti grossi” (cinquemila euro) per metterli in una busta “da consegnare a un signore con la barba che si chiama Ardito”. In quei giorni, Giorgio Ardito, notissimo a Torino per essere stato dirigente e segretario del Pci-Pds, amministratore locale e da ultimo presidente dell’Atc (le ex case popolari) aveva appena annunciato la sua intenzione di candidarsi alle primarie del Pd per la scelta del candidato a sindaco, poi vinte da Piero Fassino. Una corsa dalla quale si ritirò quattro mesi più tardi. Ardito, 69 anni, non ha alcuna difficoltà  ad ammettere i suoi rapporti amichevoli con Binasco: «L’ho sentito diverse volte, anche per chiedergli sponsorizzazioni o magari pubblicità  per iniziative culturali torinesi. Inoltre, sono stato per dieci anni, fino al 2002, un dirigente della Sitaf (la società  autostradale del Frejus, che oggi vede il gruppo Gavio tra i suoi più rilevanti azionisti). Di certo Binasco non mi ha consegnato una busta piena di denaro, ma non escludo che possa aver pensato di sostenermi alle primarie, come il suo gruppo aveva spesso fatto in passato appoggiando alla luce del sole partiti e singoli politici. Allo stesso modo, essendo molto disordinato nei miei appunti, non ricordo se in quel periodo l’ho chiamato, magari per sottoporgli qualche causa da sostenere. Anche ultimamente gli ho chiesto aiuto per una rivista culturale in crisi, mi ha risposto che il momento non era adatto. Il resto su quella telefonata pubblicata dal ‘Corriere della Sera’ bisognerebbe chiederlo a lui».
A Torino, tutti sono disposti a scommettere sull’integrità  personale di Ardito, che ieri ha ricevuto tra l’altro una telefonata di solidarietà  dal sindaco Fassino. Ma la storia dei rapporti “cordiali” del Pci-Pds-Pd con il mondo autostradale (e dunque, nel corso degli anni, con il gruppo Gavio che al suo interno è enormemente cresciuto) è molto più antica, e meno circoscritta di quest’ultimo episodio. Per rileggerla si deve risalire agli anni Ottanta, e alla stessa Sitaf, allora guidata dall’ex deputato socialista Francesco Froio. Un politico di provincia, ma tutt’altro che sprovveduto, capace di tenere i rapporti tra socialisti italiani e francesi e di accogliere i reprobi: i primi ad entrare alla Sitaf e nelle sue società  collegate furono due esponenti del Pci, Franco Revelli e Giancarlo Quagliotti, coinvolti in una piccola Tangentopoli ante-litteram nel 1983.
Nel tempo, e a mano a mano che il gruppo Gavio aumentava di peso (oggi detiene il 35 per cento della Sitaf, ed è centrale in molte altre società , da Satap a Autostrade spa alla tangenziale di Torino, l’Ativa), in quelle società  si collocarono in molti: dallo stesso Ardito a Mario Virano, amministratore delegato di Sitaf dal 1998 al 2002, poi consigliere Anas e ora alla guida dell’Osservatorio sulla Tav, mentre l’ex segretario regionale dei Ds e leader locale dei dalemiani Luciano Marengo divenne ad dell’Ativa. Se alla storia si aggiunge quella della condanna per finanziamento illecito ai partiti già  “condivisa” da Binasco con Primo Greganti nel 1993, il quadro è ancora più colorito. Greganti, tesoriere del Pci torinese, venne fermato il 6 giugno 1989 mentre portava a Roma un miliardo di lire in contanti. E Binasco raccontò: “Erano l’acconto per un affare, il denaro serviva per una campagna elettorale”.


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