«Con i vostri tagli le scuole dell’obbligo sono illegali, non costringeteci a chiuderle»

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E in particolare a quei 287 tra bambini e bambine, delle elementari e delle medie, per i quali non è stato previsto il necessario sostegno didattico. Nel bilancio comunale non ci sono risorse sufficienti, solo qualche spicciolo per coprire le prime tre settimane del nuovo anno scolastico. E così, da ottobre, questi 287 alunni verranno lasciati a se stessi, smarriti e abbandonati, senza alcun supporto didattico o psicologico. È fin troppo facile prevedere che finirebbero per ritrovarsi chiusi in casa, avviliti e umiliati, respinti e ricacciati nel dolore di una diversità  vissuta come colpa.
Ma lasciare i bambini disabili senza sostegno scolastico è solo uno degli effetti della progressiva e sempre più feroce riduzione della spesa pubblica. Potrei raccontarvi della mancanza di fondi per le mense degli asili-nido, che a metà  ottobre potrebbero ritrovarsi senza alimenti e quindi nella condizione di lasciar digiuni divezzi e semidivezzi. Potrei intrattenervi sull’ormai stabilizzata insufficienza nell’assistenza agli anziani fragili o nell’aiuto alle famiglie in emergenza abitativa, che spesso assediano i nostri uffici chiedendo disperatamente aiuto. Oppure potrei riferirvi della cronica mancanza di risorse per la manutenzione stradale o per le aree verdi. Del ricorrente sconforto di non aver adeguate disponibilità , per esempio, a disinfettare le scuole quando ci sono topi, zanzare, scarafaggi. Dell’abbattimento (anche personale) per non poter assicurare neanche una settimana di vacanza ai nostri anziani o i centri ricreativi per i ragazzi che d’estate restano in città . O per non poter assistere i malati di Sla o gli anziani affetti dal morbo di Alzheimer o i bambini autistici.
Sono ormai anni che, pezzo dopo pezzo, sta venendo meno quell’intelaiatura di sostegno che, sia pure tra mille difficoltà , ha garantito la sussistenza (e la tenuta) di quell’ampia area sociale che rivendicava bisogni e che ha poi saputo con la lotta trasformarli in diritti. Un processo di deprivazione civile, oltreché sociale. Che sta toccando il suo acme proprio nelle turbolenze della crisi economica, quando i redditi si comprimono, quando la redistribuzione si va estinguendo, e quindi la domanda di servizi sociali si fa più insistente e drammatica. La manovra governativa che proprio ieri pomeriggio è stata definitivamente approvata dalla Camera interviene dunque a seppellire definitivamente il già  malconcio welfare italiano.
Ed è grottesco, oltreché patetico, assistere alla protesta di amministratori locali fino a ieri solidali, anzi complici delle rasoiate con cui il governo ha sminuzzato i servizi sociali, che improvvisamente s’indignano e scioperano e riconsegnano deleghe e mandati. Invece d’inscenare questa volgare e penosa rappresentazione, avrebbero dovuto invitare i loro amici ministri e parlamentari a votare contro la manovra. Non l’hanno fatto, non ne hanno avuto il coraggio e ora, queruli e finti come Arlecchino, il sindaco Alemanno e la presidente Polverini si ritrovano “servitori di due padroni”, che è poi forse il loro stato di natura.
Come potrà  vivere una città  complicata e difficile come Roma, sotto l’urto dei nuovi tagli alla spesa e nelle mani di amministratori sempre più inattendibili e screditati? Con un sistema dei servizi sociali già  ampiamente compromesso, con un prelievo fiscale già  abbondantemente cresciuto, con aumenti di tariffe già  in corso e altri imminenti (mense scolastiche, rifiuti, trasporti, ecc.). Si aggiunga poi la completa stagnazione delle attività  economiche, a cui l’amministrazione pubblica non ha dato alcun supporto, paralizzata politicamente e inadeguata nelle sue strategie.
Alemanno non ha né la statura né l’autorevolezza per reggere questa prova, e farebbe bene (a se stesso e soprattutto alla città ) ad andarsene subito. Ha sbagliato praticamente tutto. Fin dal suo arrivo, quando invece di gestire il deficit comunale, si è abbandonato all’impulso demagogico di prendersela con la sinistra che l’aveva lasciato tra i debiti. Ha consegnato il bilancio a una gestione commissariale che pian piano, con le sue logiche solo contabili, ha strangolato Roma e impallinato svariati assessori al bilancio. Lasciandogli tuttavia la possibilità  di assumere migliaia di amici e compari nelle aziende municipalizzate e di organizzare qualche inutile convegno dove poter manifestare la sua esistenza in vita.
Ci risparmi altre scelleratezze e altri contorsionismi, ci liberi della sua presenza.
* Presidente del X Municipio di Roma


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