«Non temete la democrazia». Il messaggio del premier turco ai dirigenti del Cairo

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 GERUSALEMME.«Non abbiate paura della democrazia». Sarà  questo il messaggio che il premier turco Recep Tayyip Erdogan lancerà  oggi al Cairo, dove è arrivato ieri in tarda serata per dare inizio a un viaggio ufficiale che lo porterà  anche in Tunisia e Libia. Ad accompagnarlo ci sono il ministro dell’economia Zafer Caglayan e ricchi uomini d’affari turchi, oltre al ministro degli esteri Ahmet Davutoglu. Stando a quanto preannunciava ieri il giornale turco Milliyet, Erdogan sottolineerà  il valore delle libertà  democratiche e sosterrà  che la laicità  è importante per promuovere quelle libertà . Si rivolgerà  al popolo egiziano in quanto leader di un paese musulmano e laico allo stesso tempo. Fonti del ministero degli esteri turco, citate da Milliyet, hanno sottolineato che l’obiettivo del viaggio del premier è la democratizzazione, non mobilitare un sostegno contro Israele come si è scritto e letto da più parti.

Della crisi nelle relazioni con lo Stato ebraico – dovuta alle mancate scuse per il sanguinoso raid israeliano alla Freedom Flotilla dell’anno scorso e al blocco di Israele su Gaza -, Erdogan discuterà  a lungo con i suoi interlocutori arabi: ma lontano dai riflettori, a porte chiuse. Pare che i generali egiziani e il primo ministro Essam Sharaf abbiano chiesto al leader turco di non alimentare le tensioni nel loro paese, fortissime dopo l’assalto all’ambasciata israeliana al Cairo. Ieri la giunta militare al potere in Egitto ha reagito imponendo lo stato d’emergenza (mai revocato dopo la caduta dell’ex presidente Mubarak). L’Unione dei Giovani della Rivoluzione ha indetto per questo venerdì una manifestazione per dire «no alla legge d’emergenza» e per respingere il tentativo dei militari e degli uomini legati a Mubarak di usare gli incidenti all’ambasciata di Israele per riportare indietro il paese. I generali egiziani hanno imposto a Erdogan anche di rinunciare alla visita a Gaza che avrebbe rappresentato una sfida diretta al blocco israeliano.
Così prima di partire per il Cairo, il premier turco ha fatto uso dell’artiglieria pesante per criticare la politica israeliana nella regione. «L’atteggiamento turco nei confronti di Israele è stato chiaro fin dall’inizio: scuse al popolo e al governo turco, indennizzo delle famiglie delle vittime (dell’attacco alla Freedom Flotilla del 31 maggio 2010, ndr), revoca del blocco illegale imposto a Gaza. Ma questa posizione non è stata presa sul serio», ha detto il premier al quotidiano egiziano Shurouq. «Israele – ha proseguito Erdogan – è abituato a non essere giudicato per i suoi comportamenti e a essere trattato come se fosse al di sopra della legge». «È diventato come un bambino viziato – ha affermato – e non si accontenta di esercitare il terrorismo di stato contro i palestinesi, ma agisce senza senso di responsabilità  e non vuol riconoscere che il mondo, quello arabo in particolare, è cambiato». Al termine degli incontri, Sharaf ed Erdogan dovrebbero annunciare la creazione di un consiglio strategico di cooperazione e siglare alcuni accordi nel settore economico e degli investimenti. Oggi Erdogan pronuncerà  anche un atteso discorso all’Università , mentre domani si rivolgerà  ai ministri della Lega Araba.
Prova sfruttare a vantaggio palestinese la forte iniziativa turca il presidente dell’Olp e dell’Autorità  nazionale palestinese Abu Mazen, giunto ieri al Cairo, certo non per una coincidenza. Nei prossimi tre giorni Abu Mazen avrà  incontri con l’alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera, Catherine Ashton, e, appunto, con Erdogan. Al centro l’intenzione palestinese di presentare domanda di adesione di uno Stato palestinese durante la sessione dell’assemblea generale dell’Onu, prevista la prossima settimana. Ieri il quotidiano Haaretz ha riportato che, stando ai risultati di un sondaggio, la maggioranza dei cittadini dei principali paesi europei sostiene la proclamazione unilaterale d’indipendenza palestinese e si augura che venga accolta favorevolmente dall’Onu. Ben diverso è l’atteggiamento di diversi governi dell’Ue. L’esecutivo di Silvio Berlusconi è alla testa di un gruppo di accaniti oppositori dell’iniziativa palestinese composto da Germania, Repubblica Ceca, Olanda e Bulgaria.


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