«Oggi l’America è più forte»

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NEW YORK — All’alba nel prato di Battery Park, sulla punta di Manhattan, dove sono state piantate 2.753 bandiere americane, una per ogni vittima delle Twin Towers, migliaia di newyorchesi si sono dati appuntamento per creare, mano nella mano, una silenziosa catena umana. A Times Square gli attori dei «musical» di Broadway — da «Spiderman» a «Chicago» — hanno ricordato a loro modo la tragedia di dieci anni fa cantando «New York, New York». Nelle due chiese sopravvissute al crollo delle Torri è stata vigilia di preghiera, con la navata laterale di quella di St. Paul trasformata in un piccolo museo con le divise dei pompieri coperte di fango, gli origami donati dai bimbi di Hiroshima e Nagasaki, gli orsacchiotti lasciati dieci anni fa dai figli delle vittime ai margini del cratere di «Ground Zero».
Oggi, decimo anniversario e giorno delle celebrazioni ufficiali con Barack Obama e l’ex presidente Bush che inaugurano il «memorial» per le vittime dell’attacco di Al Qaeda, la zona sud di Manhattan è in assetto di guerra, pressoché inaccessibile. Così la gente di New York che voleva ricordare e onorare la memoria delle vittime lo ha fatto ieri, anche se i controlli della polizia che cerca di sventare il tentativo di Al Qaeda di insanguinare l’anniversario con un attentato, ha reso difficili gli spostamenti. Manifestazioni e gesti toccanti in tutta la città : dal concerto del Lincoln Center — una messa di requiem — alla funzione nella cattedrale di San Patrizio per i 343 pompieri sepolti dal crollo delle Twin Towers, a Bryant Park dove, nella spianata circondata dai grattacieli, sono state disposte 2.753 sedie vuote.
Il presidente Obama, che stasera parlerà  al Kennedy Center di Washington dopo aver visitato il World Trade Center, Shanksville in Pennsylvania e il Pentagono, i luoghi delle tre stragi, ieri si è tenuto abbastanza in disparte: nel suo messaggio radiofonico settimanale ha rivendicato l’efficacia della reazione americana all’attacco («Oggi l’America è più forte e Al Qaeda è sulla via della sconfitta»), ha sostenuto che le rivolte della «primavera araba» dimostrano che «il futuro è di chi vuole costruire, non di chi cerca di distruggere» e ha promesso di non abbassare la guardia.
In una riunione coi suoi assistenti per la sicurezza ha chiesto di mantenere uno stato di massima allerta nei giorni delle celebrazioni. E ieri gli investigatori hanno identificato almeno uno dei due ricercati — che potrebbero essere cittadini Usa di origine araba rientrati in America dopo essere stati addestrati in Afghanistan o in Pakistan — mentre il terzo del quale si era parlato venerdì sarebbe ora in Europa. Poi, di prima mattina, Obama è andato con la moglie Michelle al cimitero militare di Arlington a onorare la memoria dei soldati americani caduti in Iraq e Afghanistan. Nelle due guerre seguite all’11 settembre sono morti 6.213 soldati Usa (oltre a migliaia di contrattisti civili). L’unica cerimonia ufficiale di ieri — l’inaugurazione del «memorial» per le vittime del volo United 93, caduto in Pennsylvania dopo la rivolta dei 40 passeggeri contro i dirottatori che volevano probabilmente lanciare il jet contro il Campidoglio di Washington — ha avuto come protagonisti il vicepresidente Joe Biden e due ex presidenti: George Bush e Bill Clinton. Un giorno di riscatto per Bush: ringraziato per la fermezza mostrata in quelle tragiche ore e per come seppe tenere in Paese unito, l’ex presidente ha pronunciato il discorso più commovente parlando dei singoli passeggeri, del loro coraggio, dei colloqui telefonici in cui dettero l’addio a mogli e figli prima di scagliarsi contro i terroristi. Un coraggio che Bill Clinton ha paragonato a quello degli eroi di due celebri battaglie, Fort Alamo e le Termopili, 2500 anni fa: «Ma quelli — ha aggiunto — erano soldati, sapevano cosa dovevano fare. Nell’aereo United c’era gente normale, impreparata, che ha avuto pochi minuti per prendere una decisione terribile, ma che ha salvato molte vite di americani».


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