«Un tunnel di 750 km» La gaffe della Gelmini diventa un tormentone

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Mettiamoci l’orgoglio nazionale (a dirigere l’impresa del Cern c’è il fisico italiano Antonio Ereditato), l’entusiasmo, la fretta, ma le congratulazioni del ministro contengono un clamoroso sfondone. Eccolo: «Alla costruzione del tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno ai 45 milioni di euro». In altre parole, al ministero sono convinti che tra l’Abruzzo e Ginevra corra un tunnel di circa 750 chilometri, una sorta di Gp della fisica dove si conquista la pole position a colpi di nanosecondi.

Nell’enfasi del comunicato, dove si spiega che «il superamento della velocità  della luce è una vittoria epocale per la ricerca scientifica di tutto il mondo» (anche se un ministro della Ricerca dovrebbe sapere che la scienza procede sempre con ulteriori verifiche, «provando e riprovando»), la Gelmini non ha tenuto conto che c’è una cosa che si espande con una velocità  superiore a quella della luce e dei neutrini: la gaffe, tanto per usare un linguaggio gentile.

Era appena uscito il comunicato (preso a prestito da una storia di Qfwfq, l’eroe delle Cosmicomiche di Italo Calvino) che già  il web rispondeva alla grande, con una ferocia e con un sarcasmo pari solo ai tagli che l’istruzione ha subito in questi tempi. Il tormentone del «tunnel della Gelmini» è diventato il “trending topic” più twittato d’Italia. Una marea di messaggi ha invaso l’etere: «Non si vede la luce alla fine del #tunnelgelmini perché arriva dopo» scrive querrilla; «Ma nel #tunnelgelmini ci sono le fermate tipo metropolitana?» si chiede Zebbolo; «Il ministero rilancia: collegheremo il #tunnelgelmini a quello sotto la Manica» annuncia Martin Rance; «Code di neutrini in ingresso al Gran Sasso si consigliano percorsi alternativi», scrive Gba mediamondo; Poffare annuncia: «È un grande risultato: il limite della velocità  della luce era una pesante eredità  lasciataci dal precedente governo».

Sabina Guzzanti la mette in rima: «Nel tunnel immaginario della #Gelmini, là  dove corrono i neutrini, c’è posto anche per una classe di una maestra e 8 mila bambini»; Andrey Golub avverte: «Allarme della Lega: neutrini clandestini svizzeri potrebbero sbarcare a Lampedusa grazie al tunnel della Gelmini». Anche i fans di Harry Potter dicono la loro: «Si informano i signori passeggeri che il binario 9 e 3/4 non conduce a Hogwarts, ma al Cern di Ginevra».

Nel corso della giornata di ieri abbiamo assistito a un curioso capovolgimento mediatico, il più clamoroso e cosmicomico da quando esiste la Rete. Un tempo, quando i ministeri comunicavano attraverso le agenzie, all’errore si sarebbe posto subito rimedio. Bastava un secondo comunicato che parlasse di fraintendimento o di errore di trasmissione per mettere una pezza alla figuraccia.

Adesso non più: in poche ore la notizia non era più la castroneria del ministero dell’Università  ma la sorprendente, variegata, funambolica risposta della Rete. Twitter, i principali social network, i siti dei quotidiani hanno cominciato a far girare post, commenti, foto parodia a una velocità  incredibile, dando vita a un movimento virale e satirico di portata, come direbbe la Gelmini, «epocale».

Quando il ministero ha replicato, parlando di una «polemica destituita di fondamento… assolutamente ridicola» e fornendo notizie del vero tunnel, era ormai troppo tardi. Una risata aveva già  seppellito la Gelmini, i neuroni e i neutrini.


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