Mediobanca, una poltrona per due

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Ad aspirare a un amministratore potrebbero essere sia le grandi Fondazioni, che in tutto hanno nei portafogli circa l’8-9% del capitale dell’istituto, sia i fondi italiani ed esteri che, pur in modo molto frammentato, secondo gli ultimi dati disponibili “pesano” per circa il 30%. Ci sarà  competizione fra due liste oppure si arriverà  a un accordo in extremis per un “nome” solo?

Le riflessioni sarebbero ancora in corso e per il momento appare più probabile una «gara». Ma si parla anche di contatti fra gli enti e Assogestioni e l’ipotesi di un accordo su una lista unica non può essere esclusa. La posta in gioco, considerata la centralità  dell’istituto guidato da Alberto Nagel, è significativa e un confronto inedito fra due «blocchi» di protagonisti tutt’altro che secondari nella finanza, favorito anche dalle nuove regole sulla presenza in assemblea, potrebbero rendere l’assise della banca d’affari milanese in calendario (come sempre) il 28 ottobre un singolare «laboratorio».

In scadenza, come tutto il board dell’istituto, c’è anche il rappresentante delle fondazioni, Marco Parlangeli. Il suo nome era stato indicato nel 2008 dall’ente senese del Monte Paschi, che tuttavia ha deciso l’uscita da Mediobanca con la vendita dell’1,9%. In quella occasione sempre gli enti con Carisbo, socio con il 2,2% poi salito al 2,5%, avevano presentato Marco Reboa per la presidenza del collegio sindacale (che spetta alle minoranze), posizione che si erano aggiudicati. Assogestioni non aveva invece raggiunto il quorum dell’1%. Fondi internazionali come Amber, che quando in Piazzetta Cuccia c’era la governance dualistica avevano presentato una propria lista, non hanno probabilmente considerato «giocabile» la partita.

Questa volta però lo scenario potrebbe teoricamente cambiare. Grazie anche alla riforma («record date») scattata da qualche mese che consente agli investitori istituzionali di partecipare alle assemblee senza immobilizzare le azioni. Sembra un dettaglio, ma già  nella stagione assembleare della scorsa primavera ci sono stati veri boom di presenza: in Unicredit i fondi sono intervenuti con il 24,08% attraverso 2.515 deleghe assegnate a un solo rappresentante. E i candidati presentati da Assogestioni hanno raccolto il 19,7% in Telecom o il 21% in Eni.

Nel caso in Mediobanca si ripeta un simile copione, i fondi potrebbero teoricamente «mobilitare» intorno alla lista di Assogestioni circa il 30% del capitale, ma in caso di competizione anche la metà  potrebbe impensierire non poco le fondazioni. L’uscita annunciata di Siena dal «gruppone» degli enti azionisti non avrà  con ogni probabilità  riflessi in questa assemblea perché Mps dovrebbe presentarsi ancora con il proprio pacchetto. Così, considerando le partecipazioni detenute dalle fondazioni principali (oltre a Verona con il 3,2% e Bologna, Crt con lo 0,6% e Cariparo con lo 0,5%) e quelle sottilissime sparse fra gli enti più svariati, la quota «mobilitabile» può essere valutata intorno al 10%.

Insomma, per una lista delle Fondazioni il risultato questa volta, almeno in teoria, non appare scontato. E forse anche per questo Paolo Biasi, presidente di Cariverona, azionista in Piazzetta Cuccia con il 3,2%, avrebbe «sondato» senza risultato la possibilità  di inserire il nome di un rappresentante della fondazione scaligera nella rosa dei tre candidati indicati per il board di Mediobanca dal maggior azionista Unicredit (8,7%) e inclusi nella lista di maggioranza approvata dal patto di sindacato della banca d’affari. Restano pochi giorni per decidere. Ci sarà  gara o accordo per nominare il settimo (o ottavo) consigliere indipendente in Piazzetta Cuccia? Per la banca d’affari in ogni caso si tratta di una conferma di posizione.


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