New York non fuma più divieti e campagne shock solo il 14% con la sigaretta

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NEW YORK – La città  che non dorme mai da oggi può sbandierare un altro record: non fuma più. Ci sono voluti dieci anni ma alla fine la ricetta del sindaco salutista ha funzionato. Soltanto il 14 per cento degli adulti si considera fumatore nella città  in cui la sigaretta rappresentava uno status symbol: come nei serial tv Mad Men o nelle foto di Andy Warhol. Ci sono voluti dieci anni e la più violenta campagna antifumo che una metropoli abbia mai lanciato. Immagini pulp di polmoni spappolati e trachee sanguinanti. Foto di bare sui pacchetti di sigarette che neanche la famiglia Addams. L’obbligo di esporre quei manifesti shock perfino nei tabaccai: caso finito perfino in tribunale in nome del primo emendamento sulla libertà  d’espressione.
Quando Bloomberg prese possesso della poltrona per la prima volta, nel 2002, la percentuale dei fumatori era del 31 per cento. Il sindaco mise subito un bando nei bar e nei ristoranti. E poi cominciò a lanciare quelle campagne criticatissime. I nemici parlavano di «nanny state»: lo stato balia. Come se uccidersi con il proprio pacchetto fosse una libertà  da sventolare. «Il compito principale di ogni governo è garantire la sicurezza e proteggere la salute dei cittadini» dice ora il sindaco miliardario. «E il fumo è la prima causa di morte prematura a New York».
La Grande Mela non è stata certo la prima metropoli a dichiarare guerra alla sigaretta. Ma è la più grande ad aver mai attuato un bando che nel maggio scorso si è esteso perfino a parchi e spiagge. I soliti criticoni parlano anche qui di esagerazione. E un sondaggio condotto nel primo mese aveva denunciato lo scandalo: soltanto una multa emessa e per di più a un fotografo che s’era fatto beccare per portare al giornale l’agognato scacco. Ma il sindaco – che è lui stesso un ex fumatore, e ha smesso per sempre trent’anni fa – sostiene che ci sono poche multe solo perché non ce n’è stato bisogno: «La gente sente la pressione di altra gente: a nessuno piace farsi riprendere». Chi ha ragione? Lo scopriremo solo vivendo: i dati appena sfornati si riferiscono al 2010 e bisognerà  aspettare il prossimo anno per vedere l’effetto che fa il bando esteso all’aria aperta.
Per il momento il sindaco no smoking si gode le cifre della smoking-disfatta. Nel 2002 fumava quasi il 22 per cento, cioè più di un newyorchese su cinque: se oggi a fumare è solo il 14 per cento vuol dire che in 450mila vi hanno rinunciato. Secondo le statistiche del comune in 9 anni sarebbero così state salvate 50mila persone da morte prematura: una intera città . Ma per la Grande Mela si tratta anche di una rivoluzione culturale. Che parte dai neri, dalle donne e dai giovani: proprio nelle categorie sociali più esposte alla sigaretta come mezzo di espressione, il fumo infatti è rispettivamente sceso del 40, 38 e 24 per cento.
Gongola giustamente anche il commissario alla sanità , quel pasdaran del salutismo chiamato Thomas Farley, il dottore 54enne ideatore del bando nei parchi e dei poster-shock. Anche se è lo stesso sindaco – che da bravo miliardario più che ai manifesti-shock guarda ai numeri – a svelare l’altra faccia della medaglia. I newyorchesi fumano meno anche perché il costo delle sigarette è raddoppiato in 10 anni. Le tasse – messe sempre dal Comune – hanno portato un pacchetto a 15 dollari. «E la ragione per cui i più giovani fumano sempre meno» dice Bloomberg «può essere semplicemente che non se lo possono più permettere».


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