Per DSK in Francia un ritorno da eroe: «Ti vogliamo bene»

by Sergio Segio | 5 Settembre 2011 7:03

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PARIGI — La prima immagine sul suolo francese è quella di un tranquillo viaggiatore in abito scuro e camicia chiara che spinge il suo carrello dei bagagli all’aeroporto, con accanto una moglie in jeans, sorridente. Sembrano una coppia di agiati turisti di ritorno da una vacanza a New York, più che l’uomo al quale tre mesi e mezzo fa si pronosticavano 70 anni di galera, e la donna che è stata umiliata in mondovisione. I giorni delle manette, oggi, sembrano lontanissimi: Dominique Strauss-Kahn e Anne Sinclair sono arrivati a Roissy alle 7 e 30 del mattino accolti da tanti prevedibili giornalisti e fotografi, e da meno scontati ammiratori, curiosi, amici ed elettori del collegio di Sarcelles (nella banlieue parigina).
Appena intravede da lontano la chioma bianca di DSK, la folla prende ad agitarsi, a stento controllata da decine di poliziotti in tenuta antisommossa. Adesso la situazione fa pensare a un calciatore tornato da un Mondiale appena vinto, invece è l’ex direttore generale del Fondo monetario internazionale, e l’ex favorito all’elezione presidenziale della prossima primavera; al posto della coppa, porta in trofeo l’abbandono da parte del procuratore di New York dell’accusa di violenza sessuale sulla cameriera del Sofitel, Nafissatou Diallo.
Una Peugeot nera carica DSK e la moglie per portarli finalmente a casa, al numero 13 di place des Vosges, dove la coppia vive nel celebre appartamento di 240 metri quadrati in uno dei luoghi più belli e costosi di Parigi, fonte di eterna ironia da parte degli avversari politici che non perdonano al socialista-presidente-mancato lussi, e gusti, da miliardario (quale in effetti è). Anche qui, ad aspettarlo, uno straordinario amalgama di pulmini delle televisioni con le antenne satellitari, sostenitori e curiosi. Arriva anche qualche fischio, e si sente l’urlo «ciccione schifoso, vai a farti curare ma fuori dalla Francia, qui non c’è posto per te». Comunque, Dominique Strauss-Kahn e la moglie continuano a sorridere e cercano di guadagnare la porta di casa, tra paurose ondate di folla in tumulto e le grida di incoraggiamento: «Buona fortuna!», «Ti vogliamo bene!», «Viva Dominique!».
L’addetta stampa e amica della coppia, Anne Hommel, sembra promettere una dichiarazione ma poi rinuncia. Protetto dalle guardie del corpo, Strauss-Kahn riesce a comporre il codice elettronico del portone e a guadagnare la corte del palazzo, dove lo attendono le ultime telecamere. Ma ormai il più è fatto, Dominique e Anne — tuttora sorridenti — entrano finalmente in casa. Sono le 8 e 30, e DSK ha appena pronunciato le uniche due parole dell’intera giornata: «A bientà´t», a presto.
Quando parlerà ? Quando darà  finalmente ai francesi e al mondo la sua versione dell’accaduto? Entro 10 giorni e in una trasmissione televisiva, si dice. Intanto in place des Vosges è sceso il suo vicino di casa e amico, l’ex ministro della Cultura socialista Jack Lang, che nei momenti dell’incriminazione a New York lo ha difeso senza esitazione, attirandosi molte critiche. «Penso alla felicità  di Dominique e a quella di Anne — dice Lang — oggi è un giorno meraviglioso per loro e per chi li ama, come me».
Nel partito socialista l’entusiasmo è meno diffuso. La candidata presidenziale Martine Aubry due giorni fa ha preso distanza dicendo di avere sulla vicenda del Sofitel «la stessa opinione di quella di molte donne». All’Eliseo, Nicolas Sarkozy mantiene il silenzio rigoroso al quale si è attenuto dall’inizio dello scandalo. Sua moglie Carla Bruni ne parla invece, a margine della sua prima intervista sulla gravidanza: «Sono confusa, non ho capito bene l’epilogo della storia. Mi hanno dato fastidio certe reazioni maschiliste, sto sempre dalla parte delle donne quando sono mortificate e umiliate».
Superato in scioltezza il giorno del ritorno, ora Strauss-Kahn dovrà  affrontare l’altra grana giudiziaria per violenza sessuale che ancora lo riguarda in Francia (ma il caso potrebbe presto sgonfiarsi), e il difficile ritorno a una qualche forma di vita pubblica, lontano dal sogno presidenziale.

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