“Italia, cambia o andrai fuori dall’Europa”
PALERMO – La legge elettorale migliore? «Quella che favorisce la democrazia dell’alternanza. Si cominciò da noi a farlo con il Mattarellum. Ma la politica oggi è in affanno, e i sistemi politici sono in tensione». La Costituzione? «L’impressione è che ogni mattina qualcuno si sveglia con l’intenzione di cambiare l’articolo che non piace, c’è molta approssimazione e improvvisazione». E poi l’appello, forte, non solo alla politica ma ai cittadini e alla società tutta: «Per restare in Europa è necessario un esame di coscienza collettivo, che deve riguardare anche i comportamenti individuali di molti italiani. Non siamo più negli anni Ottanta o Settanta. Dobbiamo cambiare, se vogliamo restare nella Ue». Giorgio Napolitano sbarca a Palermo a celebrare i 150 anni dell’unità ma, in un dialogo serrato con il politologo Gianfranco Pasquino (presidente della società di Scienza della politica) sul tema come “rifare gli italiani per restare in Europa”, plana su molte questioni di stringente cronaca politica.
Sfuggendo, come replica scherzando lo stesso capo dello Stato, a qualche «trappola» che viene buttata lì, come la domanda se gli piaccia o no come va avanti questo Parlamento. «Non rispondo, si era detto di evitare le questioni trabocchetto. Uno come me che è stato 43 anni netti in Parlamento, non può che difendere un’istituzione che ha un ruolo insostituibile e irrinunciabile».
Però, poi, il capo dello Stato mette in guardia dalla antipolitica, dalla campagna anti-parlamentare, che può sfociare a lungo andare nei regimi antidemocratici, come il fascismo insegna:
«Bisogna prestare attenzione all’uso dilagante di certe parole come l’espressione casta politica, perché rischia di trasformarsi nella notte in cui tutto è grigio, anzi quasi nero». Una sorta di lectio magistralis a tutto campo, nella veste non tanto del «predicatore costituzionale» che Pasquino gli cuce addosso quanto come «viva vox Costitutionis, mi riconosco di più in questa definizione, perché anche nei panni del garante della Costituzione non mi trovo in fondo pienamente mio agio visto che a difendere la nostra carta è chiamato un intero sistema, in cui il presidente della Repubblica fa la propria parte».
Ma quale il modello elettorale può meglio rappresentare un sistema maggioritario che, ricostruisce Pasquino, per 50 anni (prima della stagione proporzionalista della I Repubblica) ha segnato il nostro paese? «Da tempo – risponde Napolitano – sono convinto che sia essenziale una democrazia dell’alternanza. Questa fu la vera spinta che venne fuori negli anni Novanta, con i cambiamenti della legge elettorale». Quando si mise mano ad una grande riforma, come la legge Mattarella – ricorda il capo dello Stato, proprio mentre in prima fila c’è Sergio Mattarella ad ascoltare – ci fu «un recupero dell’istituto del collegio uninominale che era stato nel passato oggetto di denunce e polemiche, definito quintessenza del trasformismo e del localismo, un recupero importante, anche se quel 25 per cento di proporzionale ha lasciato in dubbio il sesso della legge». Ma era maggioritaria e rappresentava «una svolta rispetto al proporzionale puro». Il bipolarismo comunque va a singhiozzo in tutta Europa, ma il meccanismo dell’alternanza lo può garantire anche il sistema tedesco con sbarramento e sfiducia costruttiva, sfociato in un governo di grande coalizione. «I tedeschi sono sobri. Noi italiani, siccome siamo sempre stati convinti di partorire cose avanzate, parlammo di solidarietà nazionale oppure di compromesso storico».
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