“Sistema-Sesto? È un processo mediatico Ma Filippo non agiva per conto del Pd”

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ROMA – Sindaco Fassino, esiste una diversità  etica della sinistra?
«Certo non genetica ma culturale e di comportamenti sì. La sinistra ha sempre praticato valori etici e di legalità . Quando un esponente del centrosinistra è oggetto di indagine suscita scandalo. Noi non apriamo crociate contro i magistrati, non evochiamo complotti, aspettiamo e favoriamo l’accertamento della verità “.
Che idea si è fatto della vicenda Penati? Esiste un sistema di finanziamento del partito assimilabile al sistema-Sesto? Lei che è stato l’ultimo segretario dei Ds senz’altro lo sa.
«Non ho mai avuto la sensazione che attorno a Penati, che conosco e stimo come dirigente, ci fosse un sistema. Lui per primo ha separato la sua posizione individuale da quella del partito. Vedremo le indagini, la presunzione di innocenza vale anche per lui. Le responsabilità  sono sempre individuali. Escludo che Penati agisse per conto di altri».
Sta dicendo che agiva in nome proprio? Una mela marcia, dunque, eventualmente…
«Nessuno ha parlato di mela marcia. Qui si sta facendo un processo mediatico ad una intera classe politica, è intollerabile. Non possiamo sostituirci ai giudici, non possiamo processare nessuno sui giornali. Escludo che ci sia stato un “sistema”: per quel che ne so, non ne sono a conoscenza».
Una parte dell’inchiesta porta ad Ardito, esponente di spicco del pd torinese.
«Chiunque conosca Ardito non può credere che abbia percepito denari».
Eppure ci sono delle dichiarazioni, agli atti.
«Devono essere dimostrate. O vogliamo discutere dei “si dice”? Vogliamo dire che la politica è un gigantesco imbroglio? No, io non ci sto. A Torino negli anni si sono costruiti poli universitari, impianti olimpici, grandi opere. Sono stati assegnati appalti per milioni di euro, tutto questo è stato fatto dalla classe dirigente della città  alla luce del sole».
Fabio Mussi dice che farebbe una class action nel caso emergesse che il congresso dei Ds che l’ha eletta segretario, nel 2001, sconfiggendo lo stesso Mussi, sia stato finanziato da denari di provenienza incerta.
«Mussi sa benissimo che non ci facciamo pagare i congressi da nessuno. Escludo che un nostro congresso sia mai stato pagato da altri. Non ci sto a questo processo. Non mi va bene che si dia da pensare che abbiamo tutti preso soldi. Io, in 40 anni di vita politica, non ho mai preso una lira».
Mussi dice anche che erano gli anni della scalata alla Bnl fatta dalla Unipol di Consorte. Avveniva negli stessi anni dell’acquisto della Milano-Serravalle fatta da Penati, il 2005.
«E dunque? Qual è la connessione? Esiste qualche elemento di prova di un nesso? Mi sono rotto l’anima di questa confusione un tanto al chilo. Si dice sempre: Penati era il capo della segreteria di Bersani. Ma in che anni? Nel 2009, vogliamo dirlo? Cosa c’entra con Sesto? Dobbiamo parlare di quel che dice Mussi o possiamo stare ai fatti?».
Lei a Consorte disse “abbiamo una banca”.
«Era una battuta, non ho niente da rimproverarmi, era ironica. Attorno a quella battuta è stata costruita una trappola. Ora lo sappiamo con certezza, c’è un processo in corso. Uno scambio avvenuto a casa di Berlusconi, vedremo come prosegue».
Poco fa parlava di Torino, la città  di cui è sindaco, escludendo che Ardito sia coinvolto in episodi di corruzione. Su Torino gravitava anche Primo Greganti, ricorda?
«È assolutamente cervellotico associare quel che sta accadendo con Greganti, si rispolverano episodi di 20 anni fa. Si sta cercando di costruire un teorema che non c’è. Sono mesi che si alimenta l’antipolitica con l’odio verso la casta. Ma qualcuno vuol dire, a proposito dei costi della politica, che un sindaco di una città  di 100mila abitanti prende un’indennità  di 2000 euro al mese per 12 mesi? C’è gente che fa politica perché ci crede, la questione morale è quella della P3, della P4. O vogliamo fare di ogni erba un fascio facendo il gioco della destra?».
Alcuni suoi colleghi sindaci credono che esista una questione morale anche a sinistra, e che la soluzione passi per il rinnovamento della classe dirigente. È d’accordo?
«Ma certo che sono per il rinnovamento, da segretario Ds ho allevato e lanciato uomini come Manciulli, Martina, Zingaretti, Amendola. Era mio dovere, è giusto mettere alla prova una nuova generazione. A Torino 5 dei miei assessori hanno meno di 40 anni e 5 sono donne».
Però il sindaco è lei che ha 62 anni, è stato segretario di partito, sottosegretario e ministro di governo, parlamentare per molte legislature. Non ha mai avuto la tentazione di lasciare?
«No, perché il rinnovamento non è solo anagrafico. È anche rilegittimazione. Rimettermi in gioco al servizio della mia città  mi è sembrato un dovere, e l’ho fatto con le regole che ci siamo dati. Primarie con 5 candidati, giudizio degli elettori. Il 60 per cento mi ha dato fiducia, ho vinto le elezioni al primo turno. Chi si è battuto perché nello statuto del Pd si dicesse che tutte le cariche siano assegnate attraverso le primarie si chiama Fassino».
Cosa pensa del limite a 2 mandati che chiede Pisapia, a 3 dice Renzi?
«Ha senso il limite a 3 mandati, ma ci devono essere delle deroghe trasparenti e motivate. Se avessimo avuto il limite a 2 mandati Napolitano non sarebbe presidente della Repubblica».
D’Alema ha detto che l’antipolitica è alimentata dai signori dell’economia e della finanza. Anche lei pensa che ci sia un disegno?
«Io non sono per i complotti. Penso che l’antipolitica sia una cosa e l’antipartitismo un’altra. I cittadini si sentono distanti dai partiti perché i partiti si sono indeboliti, sono diventati istituzionali, hanno perso il ruolo che giocavano un tempo nella società . Detto questo esistono anche i poteri economici e la governance di una società  deve tener conto di tutti i centri di potere. Osservo che i poteri economici non sono portatori di interessi generali e non hanno legittimazione democratica, al contrario dei poteri politici».
Dunque cosa penserebbe di un governo guidato da un esponente estraneo alla politica?
»L’Italia ha già  conosciuto governi tecnici che hanno svolto un ruolo fondamentale. Ciampi, Dini. Se una maggioranza parlamentare ne sostenesse oggi uno nuovo non vedrei il problema, anzi. Mi pare che il problema oggi sia proprio quello di dare un governo al paese».
È possibile trovare un nome che goda di una maggioranza parlamentare senza concordarlo con Berlusconi?
«Penso di sì».
Dunque meglio un governo tecnico che elezioni anticipate? O si arriverà  forse a fine legislatura?
«Che si arrivi al 2013 non mi pare possibile. L’ideale sarebbe che Berlusconi facesse un passo indietro. In queste condizioni si deve andare ad un nuovo governo. Si deve pensare al bene dell’Italia. Se la via fossero le elezioni andiamo ad elezioni, non mi spaventano affatto».
C’è qualcosa di cui si rammarica nella sua storia politica? Come dirigente di partito, alla luce di quel che sta avvenendo, c’è qualcosa che si rimprovera, o anche solo qualcosa che vorrebbe oggi dire?
»No. In che senso? Rammaricarmi perché? Anzi. La nostra è una storia limpida, ne sono fiero».


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