“Su Borsellino un colossale depistaggio” ecco il pizzino che istruì il falso pentito

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Caltanissetta – Il procuratore Sergio Lari parla di «colossale depistaggio». Insieme agli aggiunti Gozzo e Marino ha appena depositato sulla scrivania del procuratore generale Roberto Scarpinato più di mille pagine chiedendo la revisione del processo per la strage di Via D’Amelio che, con sentenza ormai passata in giudicato dopo ben undici processi, tiene in carcere da anni, condannati all’ergastolo, sette imputati accusati ingiustamente da quello che ormai può essere definito il falso pentito Vincenzo Scarantino.
Un falso pentito con una falsa verità  che sarebbe stata costruita a tavolino da alcuni funzionari di polizia del gruppo Falcone e Borsellino accusati di concorso in calunnia per aver manipolato Scarantino fornendogli anche una sorta di vademecum del perfetto collaboratore di giustizia. Lo proverebbero anche due fogli manoscritti, con una grafia che sarebbe già  stata attribuita ad uno degli indagati, finiti agli atti insieme ad un interrogatorio di Scarantino del 24 giugno 1994: suggerimenti e correzioni da apportare alle dichiarazioni già  rese per mettere una pezza ad alcune contraddizioni, motivazioni credibili da dare al suo pentimento e persino osservazioni da rivolgere per replicare agli avvocati dei difensori. Oggi a rispondere di queste pesanti accuse sono tre funzionari allora appartenenti al gruppo di investigatori guidato da Arnaldo La Barbera, poi stroncato da una grave malattia, che si scoprirà  solo in seguito essere sul libro paga dei servizi segreti. Ancora tutta da definire è la posizione di Vincenzo Ricciardi, oggi questore di Bergamo ( ha coordinato le indagini sulla scomparsa e l’omicidio della picola Yara), Mario Bo, capo della squadra mobile di Trieste, e Salvatore La Barbera, alla polizia postale di Milano.
«Ho il massimo rispetto dell’autorità  giudiziaria, ci sono tutti i meccanismi per verificare se ci siano o no i presupposti per la revisione del processo sulla strage di via D’Amelio – dice Nitto Palma in visita ieri alle carceri di Palermo -. Da ministro mi auguro che sull’omicidio di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta ci sia il massimo accertamento e la massima trasparenza».
Il processo di revisione dovrebbe dunque portare all’accertamento della nuova verità  su via D’Amelio che i pm di Caltanissetta hanno ridisegnato sulla scorta della ricostruzione fatta dai pentiti di Brancaccio Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina, uomini fidatissimi del boss Giuseppe Graviano, che avrebbe personalmente azionato il telecomando che il 19 luglio del 92 fece saltare in aria la 126 imbottita di tritolo sotto casa della madre di Borsellino.
«Siamo ad un passo dalla verità . La magistratura sarà  capace di reggere le verità  che stanno emergendo sulle stragi, il problema è se c’è una politica in grado di raccogliere queste verità », disse mesi fa il procuratore Lari prima della sua audizione in commissione antimafia. E ora Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, dice: «Il clima è quello del 1992. Si respira la stessa aria con la politica in cerca di nuovi equilibri come allora e temo anche per la vita dei magistrati». Da Rita Borsellino, invece, la «gratitudine al procuratore di Caltanissetta per il coraggio con cui ha portato avanti le sue indagini in mezzo a tante ostilità  e pericoli».


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