Tarantini sotto tutela, Ghedini dai pm

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NAPOLI — Un interrogatorio di oltre tre ore e Niccolò Ghedini, parlamentare del Pdl e soprattutto avvocato del presidente del Consiglio, entra ufficialmente come testimone nell’inchiesta di Napoli sulla presunta estorsione a Silvio Berlusconi. Le verifiche dei magistrati avrebbero infatti accertato che è stato lui ad occuparsi di tutte le necessità  di Gianpaolo Tarantini. Posto di lavoro, pool di difesa, strategia processuale: a sentire i suoi colleghi e lo stesso Tarantini, lui ha sempre pensato a tutto. E in questo modo ha di fatto messo «sotto tutela» l’imprenditore pugliese indagato per aver reclutato decine di ragazze da portare alle feste del premier. Perquisizioni, sequestri, incontri hanno segnato ieri l’indagine condotta dai pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio, partiti nel pomeriggio per Roma proprio per interrogare il legale deputato. Mentre gli agenti della Digos entravano a casa di Tarantini a sequestrare il suo BlackBerry per esaminare mail e sms contenuti nella memoria.
Andromeda
e il finto contratto
È la questione più spinosa e, al momento, quella che potrebbe aprire nuovi scenari investigativi. Riguarda il lavoro offerto a Tarantini mentre era ancora agli arresti domiciliari presso la società  Andromeda, specializzata in forniture di servizi d’impresa, dei fratelli Bruno e Antonio Crea, calabresi risultati in collegamento con alcuni boss della ‘ndrangheta, che hanno sedi in Puglia, nel Lazio e in Lombardia. Nei giorni scorsi viene interrogato l’avvocato Nico D’Ascola, socio dello studio capitolino di Ghedini e fino a qualche mese fa legale di Tarantini. Gli viene chiesto di chiarire come mai il suo cliente fu assunto ad Andromeda e lui afferma: «Per chiedere la scarcerazione di Tarantini — che era agli arresti domiciliari — era necessario dimostrare che avesse un lavoro e con Ghedini gli trovammo il posto ad Andromeda». Tarantini conferma, sia pur con qualche piccola differenza: «D’Ascola mi disse che c’era un annuncio di questa azienda sul quotidiano romano Il Tempo e di mandare mia moglie a portare il curriculum». Non ci sono problemi, il tempo di sbrigare alcune formalità  e arriva l’assunzione.
A questo punto è proprio Tarantini — durante l’interrogatorio avvenuto due giorni fa nel carcere di Poggioreale — ad aggiungere i dettagli. «Prendevo 2.000 euro al mese, ma si trattava in realtà  di un lavoro fittizio perché non facevo nulla e infatti a un certo punto ho smesso di andare». Una versione che dovrà  essere comunque verificata perché le verifiche effettuate dagli inquirenti baresi al momento di concedere i domiciliari avevano invece consentito di scoprire che l’imprenditore si sarebbe occupato di tenere alcuni contatti finalizzati a ottenere contratti e lo stesso avrebbe fatto suo fratello Claudio, ingaggiato come agente in Puglia. Entrambi guidati da Valter Lavitola. E riguarda proprio quest’ultimo l’altra affermazione di Tarantini che viene verificata in queste ore: «Lavitola mi versava un contributo previdenziale di 1.000 euro al mese». Ufficialmente i fratelli Crea sono amici del faccendiere, ma il sospetto è che Lavitola sia in realtà  il socio occulto di Andromeda e abbia gestito anche alcuni appalti concessi dalle aziende che fanno capo a Berlusconi.
«Chiedevo perché
ero amico di Berlusconi»
I pubblici ministeri domandano a Tarantini come mai scelse D’Ascola come difensore a Bari e lui risponde: «Avevo parlato con il mio legale Nicola Quaranta sollecitandolo a chiedere a Ghedini chi dovessi nominare e lui fece quel nome». Ma perché si rivolse a proprio a Ghedini? Su questo l’imprenditore non ha esitazioni: «Ero amico di Berlusconi, perché non dovevo chiederlo proprio a lui». E aggiunge: «Non ho mai pagato D’Ascola», così confermando di non aver mai versato un euro per la sua difesa. Conferma poi di aver chiesto a Ghedini — sempre attraverso Quaranta — che cosa dovesse dire durante l’indagine e come si dovesse comportare. Del resto sarebbe stato proprio Ghedini a preoccuparsi di sapere se Tarantini avesse ricevuto i 500 mila euro messi a disposizione da Berlusconi.
Il ruolo dei legali nella gestione dei rapporti tra Berlusconi e Tarantini viene ritenuto strategico. E proprio per rintracciare le comunicazioni via mail o via sms dell’imprenditore con loro ieri è stato ordinato il sequestro del suo smartphone. Parlando con Lavitola in una conversazione intercettata il 13 luglio scorso l’imprenditore fa infatti riferimento ad alcune comunicazioni con Quaranta «su messenger del BlackBerry» e i pubblici ministeri hanno disposto una perizia tecnica per scoprire che cosa si siano detti. Oggi i nuovi legali — Alessandro Diddi, Ivan Filippelli e Piergerardo Santoro — potranno consultare gli atti dell’accusa depositati al tribunale del Riesame. Da lunedì la battaglia tra le parti si concentra su competenza e scarcerazioni.


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