Tre mosse contro l’attacco ai beni comuni

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A Napoli l’amministrazione de Magistris, con l’assessorato ai Beni comuni affidato ad Alberto Lucarelli (tra gli estensori dei quesiti referendari sull’acqua e membro della commissione Rodotà ), si attrezza a fare il percorso contrario: mettere a punto una metodologia che coinvolga i cittadini nella conduzione del territorio e dell’amministrazione. «L’ipocrita distinzione tra proprietà  e gestione che si tenta di reintrodurre – spiega l’assessore partenopeo – è una finzione. Tutto il potere è chiaramente sbilanciato dal lato della gestione».
Per dimostrare che si tratta di una decisione politica e non di un amaro calice da bere per forza, una decisione che si può contrastare, sono tre i percorsi avviati. Innanzitutto sul piano giuridico, perché le norme della manovra sollevano molti profili di incostituzionalità , in contrasto anche con le leggi comunitarie. Accanto, un percorso amministrativo. Innanzitutto la trasformazione dell’Arin, la società  comunale che gestisce il servizio idrico, da spa a soggetto di diritto pubblico, la prima in Italia a dare seguito al referendum, con la partecipazione diretta dei cittadini in forme che Lucarelli promette più innovative di quelle in atto a Parigi. Poi delibere che estendono il diritto a votare ai referendum consultivi da parte dei 16enni sulla presenza alle sedute del consiglio comunale di cittadini extracomunitari. Il 14 settembre arriverà  in consiglio quella che introduce la categoria del «bene comune» tra le finalità  e i valori fondamentali dello Statuto comunale. Poi sarà  la volta del piano urbanistico attuativo della linea di costa, in modo da restituire il mare alla città .
Quello che però l’amministrazione ha identificato come il meccanismo che dovrà  provare a cambiare la qualità  della partecipazione è il Laboratorio Napoli per una Costituente dei beni comuni, cioè un metodo: «I mari, le acque, i rifiuti, la gestione del territorio e le politiche culturali, l’assegnazione delle frequenze e il diritto all’informazione – spiega Lucarelli -, tutti i campi (ne abbiamo individuati 16) verranno attraversati da agorà  di cittadini, che possono spingersi fino a stilare delle vere e proprie delibere, in un meccanismo che deve promuovere una formazione continua da un lato e dall’altro dell’amministrazione, in modo trasparente. Questo non cancella le responsabilità  politiche degli assessorati, che saranno tenuti a dare motivazioni scritte ogni volta che respingono le proposte. In questo modo l’amministrazione si sottopone al giudizio costante dell’elettorato, che conquista un ruolo attivo e partecipe». Cioè un totale cambio di passo rispetto alle politiche liberiste di svendita dei servizi. Un’azione che prosegue a livello comunitario, avviando la creazione di una rete per la raccolta di un milione di firme in sette paesi, per promuovere alla Commissione Ue lo Statuto europeo dei beni comuni. Un processo politico che sarà  presentato a novembre a Napoli in preparazione della Costituzione europea di una rete contro la privatizzazione dei beni comuni e in vista del Forum mondiale alternativo dell’acqua di Marsiglia 2012.


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