Acrobax, Gramigna e Askatasuna a Roma i duri dei centri sociali “Tra di loro i nuovi brigatisti”

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ROMA – Racconta chi non si è girato dall’altra parte – e ora raccomanda Iddio di non essere citato con nome e cognome – di aver riconosciuto tra i “neri” i torinesi di “Askatasuna”, i “Carc” di Rovereto, i padovani di “Gramigna”. Qualcuno assicura di aver intravisto facce note dei romani di “Acrobax”. Qualche ultras della Roma e del Cosenza. Addirittura operai di Pomigliano, «o almeno così dicevano di essere». Già , “i neri”. Ma chi sono, davvero? Chi sono i 500, i 1000, i 1.500 (i numeri sono e resteranno ballerini) che, in un solo pomeriggio, si sono presi una piazza che non è la loro e un movimento che grida di non volerli?
“Neri” è una semplificazione cromatica. Utile come ogni semplificazione, ma che tale resta. Vecchia già  un anno fa, e a maggior ragione oggi. Dunque? Il fiotto di furia sociopatica che per un giorno si mangia le strade di Roma mette d’accordo per una volta le voci trasparenti e assai preoccupate della piazza, le analisi felpate degli analisti dell’Aisi (il nostro controspionaggio) e quelle del Dipartimento di Pubblica sicurezza. «Questa gente, sono i nostri nemici – strilla nel suo cellulare Luca Casarini, dal cassone di un camion con cui sta portando una decina di migliaia di persone verso marciapiedi sicuri – A questo punto, il Movimento deve avviare una riflessione seria, profonda, senza ipocrisie per dirsi che questi sono innanzitutto un nostro problema». Che è poi quello che pensa Andrea Alzetta di “Action”: «Dobbiamo andare a un regolamento al nostro interno con alcuni centri sociali».
Già , il Movimento ha un problema. E non solo il Movimento. Perché quello che è accaduto ieri non ha nulla a che vedere con i “ragazzini” del 14 dicembre 2010. Con quello che allora segnalò lo scarto di rabbia di una generazione di invisibili cui è stato rubato il futuro. O con l’intelligenza pacifica dei “Draghi ribelli” che appena 48 ore fa hanno assediato la Banca d’Italia. Appena giovedì sera, durante la riunione del “Casa” (il Comitato di analisi strategica antiterrorismo), l’Aisi ha consegnato una lunga nota che nel definire una mappa articolata della galassia antagonista, usa parole gravi. «La mobilitazione del 15 – si legge – segna un punto di non ritorno e lo snodo per le future dinamiche contestative». Il 15 ottobre doveva essere ed è stato uno spartiacque.
Per chi? «Dire genericamente centri sociali o antagonisti è un errore – spiega un alto dirigente della nostra Antiterrorismo – Non aiuta la comprensione. Chi ha colpito a Roma, lo aveva pianificato. È una frangia di sofferenza sociale e politica assolutamente minoritaria che non ha neppure una parvenza di struttura organizzativa che non sia un servizio di messaggistica su blackberry o I-phone. Che indubbiamente gravita intorno ad alcuni luoghi. Alcuni centri sociali. Non tutti. Che nulla ha a che vedere né con la sinistra politica, né con quella radicale. Che non ha nella sinistra politica e radicale i suoi “cattivi maestri”. Ma proprio qui sta la loro pericolosità . Sono isolati. Non hanno altro progetto che non sia la manifestazione nichilista del loro odio. Annidano il germe di una possibile nuova stagione di violenza di stampo brigatista. E in questo contesto cercano di saldarsi con un disagio sociale che ormai abbraccia fette sempre più consistenti del Paese. A cominciare dagli studenti e gli operai».
È un’analisi che richiama lugubri accenti di un altro secolo, il 900. Di un’altra drammatica stagione di crisi e transizione (gli anni ‘70). E che, tuttavia, trova un calco nelle parole, anonime, del post («una provocazione», secondo molti) che, alla vigilia della manifestazione di ieri, era finito sulla bacheca elettronica di “Indymedia”, suscitando la discussione di chi ne voleva la rimozione. «Compagn tutt – si leggeva – sapete già  che il 15 Ottobre prox 2011 a Roma si terrà  la manifestazione contro il sistema, e lo specifico è proprio questo: seppur si siano accodati a cose fatte Cgil e suoi lacchè, l’iniziativa (europea) nasce con spirito sorprendentemente rivoluzionario. Pare che col crollo di tutto ciò che può crollare di organico al sistema capitalista anche i sassi inizino a muoversi. L’occasione è unica. Sicuramente le forze di polizia ci attaccheranno, anche non dovesse esserci il minimo intento conflittuale (che comunque ci sarà  e deve esserci da parte nostra). Dobbiamo tutti, rivoluzionari di ogni tendenza che saranno lì per rabbia e coscienza del baratro nel quale ci vogliono gettare definitivamente, combattere!!!!! Non come a Genova nel 2001! Non come il 14 dicembre 2010! Non dobbiamo fermarci! Portare con sé di “tutto” per prendere e tenere la piazza! (…) I compagni di ogni dove si stanno preparando per il 15: i compagni della Val Susa (onore a loro), gli operai, gli studenti, gli emarginati di sempre… ma non cadiamo nella retorica… Combattere!».
«Nessuno oggi può dire quali mani abbiano firmato quel post – chiosa una fonte dell’Aisi – certo, somiglia a un abbozzo di manifesto, a un decalogo di intenti per una stagione che di qui alle prossime settimane avrà  altri importanti appuntamenti di piazza. È una sorta di prima conta». Il tempo dirà  se le cose stanno così. Ma non sarà  un tempo lungo. I “neri” hanno messo in moto le lancette dell’orologio. E nessuno, da oggi, potrà  fingere di non essersene accorto.


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