Bagnasco e il ruolo della Chiesa «Non può stare fuori dal sociale»

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TODI (Perugia) — L’incontro più atteso dei cattolici è nel convento francescano di Montesanto, si dice che tra le architetture duecentesche sia passato anche un grande poeta come Jacopone da Todi, che la Chiesa riconosce come beato ma ai suoi tempi («Jesù Cristo se lamenta de la Eclesia romana/ che l’è engrata e villana…») ebbe seri problemi — la galera — con Bonifacio VIII e le gerarchie. Adesso però c’è Benedetto XVI, che spinge per una «nuova generazione» di fedeli laici impegnati in politica ma insieme ha esortato la Chiesa a «liberarsi da ogni fardello mondano e politico». E così il cardinale Angelo Bagnasco vola alto («Il punto sorgivo della presenza sociale e civile dei cattolici è il primato della vita spirituale, guardare fermamente al volto di Cristo»), si tiene un passo indietro rispetto alle discussioni delle associazioni cattoliche e, bene attento a non sbilanciarsi in «benedizioni» a progetti di sorta, riafferma come riferimento i valori «non negoziabili» che «fondano» anche l’«etica sociale» e si attiene all’essenziale: «Se per nessuno è possibile, l’assenteismo sociale per i cristiani è un peccato di omissione», tanto più che questa è «un’ora promettente della storia» alla quale «nessuno deve mancare».

Bene l’impegno, quindi. «Negare la dimensione pubblica della fede significa creare una società  violenta, chiusa e squilibrata», la Chiesa «non cerca privilegi né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma deve poterla esercitare liberamente». Se il partito dei cattolici era già  escluso, però, l’intervento d’apertura di ieri è ancora più prudente del «soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica» di cui aveva parlato alla Cei come di un «promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni». Ora Bagnasco dice che la «comunità  cristiana», con il suo «patrimonio universale» di fede e valori, «deve animare i settori prepolitici nei quali maturano la mentalità  e si affinano competenze, dove si fa cultura sociale e politica».

L’aggettivo chiave è «prepolitico». I cristiani, sillaba Bagnasco, sono diventati nella società  una «massa critica» capace di «visione» e di «reti virtuose» per «contribuire al bene comune». Il panorama a Todi è variegato, si parla di ricomposizione della «diaspora», si dice che per la prima volta dal dopoguerra sono presenti tutti, dall’Azione cattolica alla Compagnia delle Opere, da Sant’Egidio ai Focolarini, ci sono pure Confcoperative e Coldiretti. E tra (cosiddetti) progressisti e (cosiddetti) conservatori si tratta di fare «rete» per «coniugare etica sociale e etica della vita». La dottrina sociale della Chiesa è «il patrimonio di dottrina e di sapienza che costituisce la terra solida e la bussola per il cammino». Fermo restando, ripete Bagnasco, che «esiste un ordine e una gerarchia costitutiva» e il primato è dei «valori non negoziabili» che sono «le sorgenti stesse dell’uomo», elenca il presidente della Cei: «L’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà  religiosa ed educativa». Senza questi «valori primi», dice il cardinale, «è illusorio pensare a un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà  lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità ». Del resto gli uni richiamano gli altri e lo stesso Benedetto XVI, nel messaggio inviato ieri alla Fao, ha scritto: «La libertà  dal giogo della fame è la prima e concreta manifestazione di quel diritto alla vita che, pur solennemente proclamato, resta spesso lontano da una effettiva attuazione».


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