Bankitalia chiede una “gestione” tutta nuova ma Bonomi è in conflitto e Chiesa azzoppato

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MILANO – La nuova lettera della Banca d’Italia alla Bpm è arrivata ieri mattina sul tavolo del presidente uscente Massimo Ponzellini. E da questo è stata prontamente girata, ancora chiusa con la ceralacca, al neo presidente del Consiglio di sorveglianza Filippo Annunziata che probabilmente ne leggerà  il contenuto senza poterlo comunicare agli altri consiglieri prima di mercoledì, quando le omologhe delle delibere avranno effetto. Dovrà  però decidere se informare il mercato prima della sua apertura domattina, se riterrà  che i contenuti della lettera siano price sensitive. E dovrebbero esserlo se è vero che Bankitalia ritiene non opportuna una continuità  nella gestione nella persona del direttore generale Enzo Chiesa, candidato dalla lista Amici, a prendere in mano le redini della banca in qualità  di consigliere delegato. Colui che insieme a Mediobanca ha gestito la procedura dell’aumento di capitale. Tuttavia gli auspici della Banca d’Italia finora non hanno avuto un grande seguito: il rinnovo totale degli organi sociali, richiesto due settimane fa dalla Vigilanza, non si è verificato visto che nel nuovo Consiglio di sorveglianza vi sono quattro consiglieri che erano già  in carica nel precedente cda. E il risultato che si va profilando non va certo nella direzione sperata dagli uomini di Ignazio Visco.
Matteo Arpe non è disponibile a compromessi e Assogestioni non è riuscita a conquistare neanche un posto poiché le azioni dei fondi non erano iscritte a libro soci da almeno 90 giorni e l’assemblea è stata convocata con pochissimo anticipo. Mentre la lista Investindustrial di Bonomi – festeggiante insieme agli Amici al termine dell’assemblea alla faccia del “non collegamento” tra le liste – ha conquistato tutte e due le poltrone con Ulrich Weiss e Stefania Chiaruttini. Ciò significa che Bonomi ha una sorta di diritto di veto sul prossimo Consiglio di gestione, poiché le nuove regole dicono che per nominarlo occorre il voto positivo di almeno un membro del mercato. In pratica Bonomi avrà  la facoltà  di autoeleggersi nel Cdg, visto che il suo voto nel Cds è obbligatorio, in un conflitto di interessi degno del miglior Berlusconi. Se per ipotesi avesse vinto la lista Messori, questa non avrebbe potuto portare Matteo Arpe nel Cdg per la palese opposizione di Bonomi, che anche in assemblea ha attaccato il suo avversario. Ma quello che più appare evidente, dopo l’assemblea di ieri, è che il governo della Bpm è sempre più in mano agli Amici, l’associazione guidata da Alessandro Dall’Asta, che determina le carriere dei dipendenti, come dimostrato da più di un documento, in maniera autonoma e senza passare per alcun organo di gestione. Dunque la struttura della banca non risponderà  al Cdg, come auspicato da Banca d’Italia e dalle modifiche allo statuto da essa apportate. Ma al Cds dove siedono indisturbati i suoi rappresentanti in virtù di un “voto di scambio” da ieri ancora più evidente. Bonomi e, dietro le quinte Mediobanca, hanno avvallato il perpetuarsi di questa situazione e né la Consob né la Banca d’Italia sembrano avere sufficiente voce in capitolo per opporvisi. Il tentativo di scardinare il sistema da parte di Messori e Arpe è fallito ma i problemi della Bpm sono ancora tutti lì e da domani la responsabilità  è tutta sulle spalle dei regolatori.


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