Bari, l’inchiesta riparte da Lavitola Premier indagato? «Atto dovuto»

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BARI — Dopo le intercettazioni telefoniche, nell’indagine sul presunto reato di «istigazione a rendere false dichiarazioni» commesso da Silvio Berlusconi entra la registrazione di una trasmissione televisiva. Quella andata in onda il 28 settembre su La7, in cui dalla latitanza è comparso l’ex direttore de l’Avanti! Valter Lavitola, intervistato da Enrico Mentana e altri giornalisti. È la prima mossa della Procura di Bari dopo l’arrivo degli atti da Roma su ordine della magistratura di Napoli, preludio all’eventuale nuova richiesta d’arresto per Lavitola (l’ordine attualmente in vigore, se non rinnovato, scadrà  tra due settimane) e all’iscrizione del presidente del Consiglio nel registro degli indagati; una formalità  che viene data per scontata in quanto «atto dovuto», ma che ancora non sarebbe avvenuta.

Il fascicolo è sul tavolo del procuratore aggiunto Pasquale Drago — il vicario del capo dell’ufficio giudiziario, Antonio Laudati, il quale s’è astenuto per «gravi ragioni di opportunità », cioè l’inchiesta a suo carico in corso a Lecce per vicende collegate a questa —, designato dal procuratore generale Pizzi al quale lo stesso Laudati aveva rimesso ogni decisione. È stata così sbrogliata, almeno per il momento, l’intricata questione della competenza territoriale e di chi deve accertare se davvero Silvio Berlusconi ha istigato, con la complicità  di Lavitola, il suo amico Gianpaolo Tarantini a non dire la verità  sulle ragazze che reclutava e accompagnava nelle residenze del premier.

Sbrigati gli aspetti tecnico-giuridici sulla titolarità  dell’indagine, ora si cominceranno ad affrontare quelli più concretamente legati ai fatti da scoprire. E l’acquisizione dell’intervista televisiva a Lavitola dovrebbe servire a verificare come, quando e per ordine di chi l’ex giornalista cominciò ad occuparsi delle sorti economiche e giudiziarie di Tarantini, al quale il premier ha assicurato uno «stipendio» di circa ventimila euro al mese, oltre all’assistenza legale. Durante l’intervista andata in onda su La7 Lavitola ha accennato al fatto che fu il presidente del Consiglio a chiedergli di interessarsi a Tarantini, dichiarazione che contrasta con quanto riferito da Berlusconi nel suo stringato memoriale: «Lo stesso Lavitola mi segnalò una situazione di vera disperazione… Mi rappresentò una situazione personale e familiare difficilissima, con anche il rischio che Tarantini mettesse in atto episodi di autolesionismo», ha scritto il premier dopo aver ricordato le richieste d’aiuto ricevute dall’imprenditore e sua moglie.

Il giorno dopo Lavitola ha forse voluto aggiustare il tiro precisando, con una lettera inviata a Mentana, che in realtà  il discorso tra lui e Berlusconi sull’aiuto da portare all’uomo inquisito per aver procurato prostitute in cambio di affari (al premier e non solo) venne fuori quasi per caso, conversando di malagiustizia: «Parlando della magistratura mi portò ad esempio Tarantini, che non riusciva neppure a trovare un lavoro. Gli dissi che me ne sarei interessato».

Secondo l’accusa disegnata dal tribunale del Riesame di Napoli e ora al vaglio della Procura di Bari, il latitante sarebbe stato complice del premier nell’aver convinto l’imprenditore a tenere il capo del governo fuori dai guai, dietro laute retribuzioni; stabilire come sia nato l’ipotetico accordo tra i due, e di chi sia stata l’iniziativa, non è un particolare indifferente per l’attribuzione di eventuali responsabilità  penali.

Berlusconi faceva avere il denaro a Tarantini proprio tramite l’ex giornalista. Ma anche su questo punto le dichiarazioni televisive di Lavitola contraddicono le affermazioni di Berlusconi e della sua segretaria, Marinella. Secondo il premier, a parte il finanziamento finale da 500.000 euro (che ora l’ex direttore de l’Avanti! sostiene di aver anticipato di tasca propria), è stato lui in persona ad affidare a Lavitola «somme che variavano tra 5.000 e 10.000 euro», e la sua segretaria «in alcune rare occasioni». Nella deposizione davanti ai magistrati di Napoli, Marinella ha confermato quelle cifre, spiegando che quando al telefono parlava di «fotografie da stampare» si riferiva a consegne di denaro contante.

Lavitola invece ha raccontato in tv che la segretaria consegnò a un suo collaboratore «due tranche più importanti», per un totale di duecentomila euro. Una sembra essere quella del 23 giugno scorso, come risulta da due intercettazioni. Nella prima, delle ore 10.15, Marinella dice a Valter: «Allora riusciamo a stampare dieci foto…». Alle 10.31 Valter chiama il suo collaboratore Rafael e gli dice: «Vai rapidamente dove sei andato l’altra volta… Sono dieci fotografie…». Alle 11.54, ancora Lavitola avverte Fabio, un altro collaboratore: «Stammi a sentire, Rafael ti dovrebbe portare centomila euro…».

L’interpretazione sembra abbastanza chiara, coincide con la versione di Lavitola ma contrasta con quella di Berlusconi e della sua segretaria. È uno dei tanti punti che dovrà  chiarire l’indagine barese appena cominciata.


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