Che disdetta questa Fiat

Loading

 L’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ormai disdetta tutto. Ha cominciato con il contratto nazionale dei metalmeccanici, ha proseguito con la Confindustria da cui ha portato fuori la Fiat e ha finito ieri a Roma annunciando analoga uscita dall’Anfia, l’associazione costruttori automotive d’Italia nata nel 1912. Destinata a diventare così una scatola vuota, considerando che tra gli «associati autoveicoli» restano solo la Piaggio e DR Motors di Di Risio, la Pirelli nei pneumatici e poche aziende di bus, meno Irisbus cancellata sempre dal gruppo Fiat.

Il motivo principale dell’ennesima disdetta è sempre lo stesso e Marchionne lo ha ripetuto davanti al presidente dell’Anfia, Eugenio Razelli, chiamato a presidere l’assemblea dell’associazione, tenutasi a palazzo Brancaccio a Roma: «Qui in Italia la Fiat sta facendo tutto ciò che è necessario per diventare più efficiente, per liberarsi da vincoli che in un’economia di mercato non sono che freni allo sviluppo e per mettere in pratica tutto ciò che ho promesso». I «vincoli», insomma, vanno azzerati, perché, continua Marchionne, «la Fiat è impegnata nella costruzione di un grande gruppo internazionale e non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze e con condizioni troppo diverse da quelle che esistono in tutto il resto del mondo». E’ come se il gruppo Volkswagen decidesse di azzerare tutti i «vincoli» che ha in Germania, dal costo del lavoro più alto del mondo alla cogestione aziendale propria del capitalismo renano. Eppure il colosso tedesco è oggi la multinazionale del settore che sembra funzionare meglio, sulla strada per diventare il numero uno mondiale dell’auto alla fine dell’anno, secondo il Financial Times di lunedì scorso.
Di disdetta in disdetta, Marchionne aggiusta il tiro ogni giorno, come se l’obiettivo finale di Fiat-Chrysler – che ribadisce fortemente di voler raggiungere – si sfocasse. Per molti (dalla Fiom alle agenzie di rating passando perfino per una Consob in genere super distratta), ma non per lui. Lunedì a Torino, davanti all’Unione industriali, ha anche cambiato natura al piano industriale lanciato in pompa magna nell’aprile del 2010: Fabbrica Italia «era e continua ad essere semplicemente un indirizzo», dice oggi, un downgrading quantomeno lessicale rispetto a quel che è stato «venduto» come un grande obiettivo per le sorti di questo paese. A Roma, Marchionne spiega indirettamente perché Fabbrica Italia è ora un «indirizzo»: il settore auto è «a un miglio dall’inferno» (Bruce Springsteen), ma «purtroppo qui in Europa, le parole di Springsteen suonano fin troppo ottimistiche». Se in America «il sistema industriale è stato ricostruito in modo da eliminare ogni grammo di capacità  produttiva superflua», in Europa e dunque in Italia «nulla è cambiato».
L’amministratore delegato di Fiat-Chrysler torna infine a remare contro l’auto elettrica e il «rischio, soprattutto in Europa, di spostare tutta l’enfasi dei regolamenti sulla tecnologia dell’elettrico». L’aveva detto l’anno scorso sempre all’assemblea Anfia e coerentemente l’ha ripetuto: lui non ci crede (al contrario di quasi tutti i costruttori), «le quote di vetture elettriche nel mondo non supererà  il 5% del totale neppure tra dieci anni» (il principale concorrente Renaul-Nissan prevede il 10%). Ma siccome l’aria che tira è questa, Marchionne conferma per il 2012 il lancio in America di una Fiat 500 elettrica, sviluppata dalle «grandi competenze e da una solida esperienza sul campo» di Chrysler. Magari anche questo è solo un «indirizzo», ma certo non un buon segno per le competenze di chi lavora in Fiat. La 500 a batterie non sarà  venduta in Italia, dove c’è l’unico governo europeo a non aver messo un euro di incentivi; ma anche in America, «per ogni 500 elettrica venduta perderemo circa 10.000 dollari».


Related Articles

Salta il fondo mito di Wall Street Corzine: colpa dei bond italiani

Loading

NEW YORK — La colpa è del crollo dei prezzi dei Btp biennali. Così il finanziere americano Jon Corzine ha giustificato il fallimento della sua società  Mf Global holdings, che ieri ha portato i libri in tribunale dichiarando un patrimonio di 41 miliardi di dollari contro impegni di pagamento per 39,68 miliardi: è l’ottavo crac finanziario per dimensioni negli ultimi 30 anni della storia di Wall Street.

Etihad scrive ad Alitalia: riapriamo i colloqui

Loading

Alitalia – Etihad. Sul tavolo 2.600 esuberi. L’irritazione di Air France-Klm. Lupi: alleanza positiva

Contributivo contro le disparità  padri-figli e uscita dal lavoro non prima di 63 anni

Loading

 Ecco il progetto di riforma al quale ha lavorato Elsa Fornero. Calcolo della pensione per tutti in base ai contributi. Penalità  automatiche per chi lascia con meno 65 anni, incentivi a chi esce con un’età  superiore fino ai 70 anni. Verranno eliminati i privilegi di molti fondi speciali. E di fronte alla giungla dei trattamenti pensionistici, il governo potrebbe cominciare a parificare o avvicinare tra loro le aliquote: oggi si va dall’8,6% dei parlamentari al 20-21% di artigiani e commercianti fino al 33 per cento dei lavoratori dipendenti 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment