Energia pulita contro la crisi

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Mentre le notizie di catastrofi ambientali passano sotto silenzio, ultima in ordine cronologico l’emergenza causata dalla fuoriuscita di 350 tonnellate di greggio dalla portacontainer «Rena» che ne trasportava 1.700 arenatasi più di una settimana fa su una barriera corallina nella Bay of Plenty della Nuova Zelanda, le aree a rischio desertificazione aumentano. Il processo di tropicalizzazione del clima è sotto gli occhi di tutti,  dunque rivedere il modello di sviluppo in chiave ecosostenibile è diventata una questione non rinviabile. Ad essere a rischio è la stessa sopravvivenza del pianeta. Il tema è stato rilanciato nel corso dell’iniziativa «Il Sole del Mediterraneo» organizzata dal Cepes a Palermo per discutere, dopo i referendum del 12 e 13 giugno scorso, di beni comuni ed energie rinnovabili come strumento per uscire dalla crisi economica.
E’ stato a una platea di giovani che il presidente del Cepes Nicola Cipolla si è rivolto, richiamando un articolo di Valentino Parlato comparso nelle pagine di questo giornale qualche giorno fa, sul movimento giovanile del’68, e ponendo al centro del dibattito la costruzione di un nuovo movimento ambientalista, che abbia i giovani come protagonisti. «Fra 20 o 30 anni – ha detto Cipolla agli studenti delle quinte classi dell’istituto commerciale Ferrara di Palermo – quando avrete l’età  che oggi hanno i vostri genitori, senza una svolta ambientalista della politica degli Stati, il rischio è che vi troviate nel mezzo a un disastro ecologico non più controllabile. Investire sulle fonti di energia alternativa significa assicurare un futuro possibile anche da un punto di vista occupazionale».
In Italia nel 2011, secondo gli ultimi dati di ottobre, sono presenti 281.392 impianti fotovoltaici con una potenza di 11.101,2 megawatt, mentre la produzione di energia dalle fonti rinnovabili (idroelettrica, geotermica, eolica e fotovoltaica) negli ultimi dodici anni registra un andamento crescente passando da 236 mila 943 GWh del 1998 a poco meno di 300 mila del 2010. Anche la domanda è cresciuta in modo esponenziale passando da un fabbisogno di appena 8 mila GWh di dodici anni fa agli attuali 330 mila 456,6, facendo registrare addirittura un dato superiore rispetto al totale della produzione. Se il disastro di Fukushima ha rafforzato in alcuni paesi europei, come la Germania, la volontà  di superare gli obiettivi del 20-20-20 adottando provvedimenti normativi e finanziari per chiudere le centrali atomiche esistenti ed incentivare la produzione di energia pulita con la sostituzione totale entro il 2050 delle energie fossili con quelle rinnovabili, in Italia ancora il processo stenta a decollare.
«La commissione europea – ha detto il direttore scientifico del Kyoto Club e vicepresidente del Cepes Gianni Silvestrini – ha elaborato una road map al 2050, che consente di ridurre i gas serra dell’80% rispetto al 1990. Alcuni paesi li hanno già  definiti». «In Italia ci sono 300 mila punti verdi di generazione – ha aggiunto – il governo sta predisponendo un decreto che prevede di assegnare ad ogni regione uno specifico obiettivo di copertura dei consumi energetici finali con le rinnovabili. Per la Sicilia ad esempio si prevede di triplicare la quota nei prossimi di dieci anni».
Nel corso dell’iniziativa è stata anche rilanciata la giornata di mobilitazione nazionale contro il carbone del 29 ottobre, a Porto Tolle, in provincia di Rovigo, per dire no alla riconversione a carbone della centrale ad olio dell’Enel.


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