Fmi: Italia solvibile, ma serve fiducia subito nuove misure per la crescita

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NEW YORK – Cresce il rischio di una ricaduta nella recessione mondiale nel 2012, avverte il Fondo monetario internazionale. In particolare si profila all’orizzonte un “rallentamento sincronizzato” in quei paesi come Italia e Spagna che hanno una “difficoltà  strutturale” a crescere, frutto di problemi di lungo periodo. Il severo giudizio del Fmi sull’Italia arriva nello stesso giorno in cui Angela Merkel manda a dire al governo Berlusconi che per «riconquistare la fiducia dei mercati l’Italia deve mantenere gli impegni che ha preso». La cancelliera tedesca ha aggiunto che “non deve essere tabù” una revisione dei trattati europei per includervi sanzioni più credibili ed efficaci sui paesi che non rispettano le regole su deficit e debito pubblico. I mercati hanno visto però il “bicchiere mezzo pieno”, rinfrancandosi di fronte alla disponibilità  della Merkel verso un piano coordinato di ricapitalizzazioni delle banche europee: un segnale benvenuto visti gli scricchiolii di crac in provenienza dal colosso bancario franco-belga Dexia.
La giornata è stata movimentata dalle promesse poi smentite di un altro intervento salvifico, da parte del Fmi. Il capo del Dipartimento Europa presso l’organizzazione multilaterale con sede a Washington, Antonio Borges, ha fatto scalpore annunciando l’improvvisa disponibilità  del Fmi a comprare titoli pubblici italiani e spagnoli, intervenendo quindi di concerto con la Bce (che già  lo sta facendo) e in futuro forse con il nuovo fondo salva-Stati detto European Financial Stability Facility. L’idea ventilata da Borges è quella di creare uno sportello speciale gestito dal Fmi, con una dotazione apposita di capitali, e facoltà  d’intervento a sostegno di Italia e Spagna. Borges ha spiegato cosa renderebbe particolarmente efficace questo tipo di operazione: «Un elemento di credibilità  aggiuntivo, grazie alla condizionalità  che viene richiesta dagli aiuti del Fmi». In effetti il Fmi ha in questo campo proprio quel che manca alla Bce: un’antica esperienza di salvataggi di paesi in default, e il know how per effettuare una vigilanza stringente sul risanamento, seguendo passo per passo il rispetto degli impegni presi dai governi beneficiari dell’aiuto. In sostanza, se il Fmi dovesse affiancarsi alla Bce ci sarebbe una maggiore potenza di fuoco sui mercati a sostegno dei Btp e dei bond spagnoli, ma anche un nuovo “gendarme” a sorvegliare che Roma e Madrid facciano tutte le riforme necessarie. In serata però da Washington è giunta una marcia indietro: per ora il progetto è prematuro, «non ci sono richieste in tal senso da parte dei governi europei».
Resta invece la durezza dell’analisi del Fmi sull’Italia. Un malato cronico, perché il Fondo ricorda che in Occidente il nostro paese è il fanalino di coda della crescita da vent’anni. Prima abbiamo avuto i tassi di aumento del Pil più deboli, poi una recessione più grave degli altri, ora una ripresa quasi invisibile e forse già  esaurita. «Il Pil pro capite dell’Italia – denuncia il Fmi – era più basso nel 2010 che nel 2000». In un decennio ci siamo impoveriti, quindi. Le cause: «Una spesa pubblica inefficiente e un sistema fiscale troppo complesso, la bassa produttività  del lavoro, la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, l’inefficienza della scuola e della giustizia, le rigidità  e barriere alla concorrenza». La Ue, però, con il commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn, spezza una lancia per l’Italia: «Roma ha preso seri impegni di consolidamento fiscale che vanno nella giusta direzione, e che le permettono di arrivare al pareggio di bilancio nel 2013».


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