I comuni spendono tanto e male: ”Il problema è la logica emergenziale”

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ROMA – I comuni italiani per la lotta alla povertà  spendono tanto e spendono male. È quanto emerge dal monitoraggio della Fondazione Zancan, contenuto nel Rapporto povertà  2011 (vedi lancio precedente). Negli ultimi due anni la spesa assistenziale dei comuni è aumentata del 4%, quella per la povertà  dell’1,5% e quella per il disagio economico del 18%. Sempre nel 2008, il 31% dei 111,35 euro pro capite di spesa sociale è stato destinato a dare risposte a persone povere o con disagio. Ma a fronte di una maggiore spesa, nulla è cambiato.  “Il problema è la logica emergenziale con cui si combatte la povertà  – avverte il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato -, che porta a erogare contributi economici piuttosto che attivare servizi”. Nel 2008 per misure di integrazione al reddito sono stati spesi 276 milioni di euro (+4% rispetto al 2007), circa il 13% della spesa per persone povere o con disagio. Un altro 12-13% è stato destinato a contributi per l’alloggio (228-237 milioni di euro), mentre il 2% per cure o prestazioni sanitarie e l’1% per servizi scolastici. “Questo tipo di risposte non incentiva l’uscita dal disagio – incalza Vecchiato – ma, anzi, rischia di rendere cronico il problema”.

Guardando alla spesa dei comuni aggregati per regioni o province autonome sono evidenti le differenze tra chi spende di più e chi meno, tra le regioni a statuto speciale e quelle a statuto ordinario, tra Centro-Nord e Sud. Nel primo caso il rapporto è di 1 a 9 per la spesa sociale complessiva, di 1 a 11 per quella destinata alle persone con disagio economico e 1 a 9 per il contrasto alla povertà . Le regioni a statuto speciale e le province autonome confermano una maggiore capacità  di spesa: per la povertà  la spesa pro capite è circa il 50% in più rispetto a quella delle regioni a statuto ordinario (11,1 contro 8 euro) e quella per il disagio economico è più alta del 16% (24,9 contro 21,5 euro). Tra le regioni a statuto ordinario, il Centro-Nord sostiene una spesa sociale più che doppia rispetto al Sud (125,7 contro 51,65 euro). Rapporto analogo per la spesa per disagio economico (25,77 contro 10,58 euro), mentre nella spesa per la povertà  c’è solo 1,3 euro di differenza (8,38 euro contro 7,02 euro).

Se questo è il problema, quale la soluzione? “Per prima cosa incrementare il rendimento della spesa sociale, investendo meglio le risorse e professionalizzando l’aiuto – spiega Vecchiato -. In sanità  gli oltre 100 miliardi di euro di raccolta fiscale sono trasformati in centinaia di migliaia di posti di lavoro. Si potrebbe ipotizzare un risultato analogo nell’ambito sociale”. Una seconda strada è di recuperare i crediti di solidarietà  (finanziamenti a favore di persone che si impegnano in progetti di sviluppo locale), destinandoli a occupazione di welfare a servizio dei poveri. “Ci sono due ulteriori fonti di risorse per generare lavoro di cura – conclude il direttore -: i 17-18 miliardi di euro oggi destinati a indennità  di accompagnamento e assegni al nucleo familiare, che potrebbero essere investiti in lavoro di servizio”.

 

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