Il manifesto di Kà¼ng “Ratzinger ha fallito”

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   Nella situazione attuale non posso assumermi la responsabilità  di tacere: da decenni, con successo alterno e, nell’ambito della gerarchia cattolica, modesto, richiamo l’attenzione sulla grande crisi che si è sviluppata all’interno della Chiesa, di fatto una crisi di leadership. È stato necessario che emergessero i numerosi casi di abusi sessuali in seno al clero cattolico.
Abusi occultati per decenni da Roma e dai vescovi in tutto il mondo, perché questa crisi si palesasse agli occhi di tutti come una crisi sistemica che richiede una risposta su basi teologiche. La straordinaria messinscena delle grandi manifestazioni e dei viaggi papali (organizzati di volta in volta come “pellegrinaggi” o “visite di Stato”), tutte le circolari e le offensive mediatiche non riescono a creare l’illusione che non si tratti di una crisi durevole. Lo rivelano le centinaia di migliaia di persone che solo in Germania nel corso degli ultimi tre anni hanno abbandonato la Chiesa cattolica, e in genere la distanza sempre maggiore della popolazione rispetto all’istituzione ecclesiastica.
Lo ripeto: avrei preferito non scrivere questo testo.
E non l’avrei scritto:
1) se si fosse avverata la speranza che papa Benedetto avrebbe indicato alla Chiesa e a tutti i cristiani la strada per proseguire nello spirito del concilio Vaticano. L’idea era nata in me durante l’amichevole colloquio di quattro ore avuto con il mio ex collega di Tubinga a Castel Gandolfo, nel 2005. Ma Benedetto XVI ha continuato con testardaggine sulla via della restaurazione tracciata dal suo predecessore, prendendo le distanze dal concilio e dalla maggioranza del popolo della Chiesa in punti importanti e ha fallito riguardo agli abusi sessuali dei membri del clero in tutto il mondo;
2) se i vescovi si fossero davvero fatti carico della responsabilità  collegiale nei confronti dell’intera Chiesa conferita loro dal concilio e si fossero espressi in questo senso con le parole e con i fatti. Ma sotto il pontificato di Wojtyla e Ratzinger la maggior parte di loro è tornata al ruolo di funzionari, semplici destinatari degli ordini vaticani, senza dimostrare un profilo autonomo e un’assunzione di responsabilità : anche le loro risposte ai recenti sviluppi all’interno della Chiesa sono state titubanti e poco convincenti;
3) se la categoria dei teologi si fosse opposta con forza, pubblicamente e facendo fronte comune, come accadeva un tempo, alla nuova repressione e all’influsso romano sulla scelta delle nuove generazioni di studiosi nelle facoltà  universitarie e nei seminari. Ma la maggior parte dei teologi cattolici nutre il fondato timore che, a trattare criticamente in modo imparziale i temi divenuti tabù nell’ambito della dogmatica e della morale, si venga censurati e marginalizzati. Solo pochi osano sostenere la KirchenVolksBewegung, il Movimento popolare per la riforma della Chiesa cattolica diffuso a livello internazionale. E non ricevono sufficiente sostegno nemmeno dai teologi luterani e dai capi di quella Chiesa perché molti di loro liquidano le domande di riforma come problemi interni al cattolicesimo e nella prassi qualcuno talvolta antepone i buoni rapporti con Roma alla libertà  del cristiano.
Come in altre discussioni pubbliche, anche nei più recenti dibattiti sulla Chiesa cattolica e le altre Chiese la teologia ha avuto un ruolo ridotto e si è lasciata sfuggire la possibilità  di reclamare in modo deciso le necessarie riforme.
Da più parti mi pregano e mi incoraggiano di continuo a prendere una posizione chiara sul presente e il futuro della Chiesa cattolica. Così, alla fine, invece di pubblicare articoli sparsi sulla stampa, mi sono deciso a redigere uno scritto coeso ed esauriente per illustrare e motivare ciò che, dopo un’attenta analisi, considero il nocciolo della crisi: la Chiesa cattolica, questa grande comunità  di credenti, è seriamente malata e la causa della sua malattia è il sistema di governo romano che si è affermato nel corso del secondo millennio superando tutte le opposizioni e regge ancora oggi. I suoi tratti salienti sono, come sarà  dimostrato, il monopolio del potere e della verità , il giuridismo e il clericalismo, la sessuofobia e la misoginia e un uso della forza religioso e anche profano. Il papato non deve essere abolito, bensì rinnovato nel senso di un servizio petrino orientato alla Bibbia. Quello che deve essere abolito, invece, è il sistema di governo medievale romano. La mia “distruzione” critica è perciò al servizio della “costruzione”, della riforma e del rinnovamento, nella speranza che la Chiesa cattolica, contro ogni apparenza, si mantenga vitale nel terzo millennio.
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Certamente alcuni sacerdoti vivono la loro condizione di celibato apparentemente senza grossi problemi e molti, a causa dell’enorme carico di lavoro che grava su di loro, non sarebbero quasi in grado di preoccuparsi di una vita di coppia o di una famiglia. Viceversa, il celibato obbligatorio porta anche a vivere situazioni insostenibili: parecchi sacerdoti desiderano ardentemente l’amore e il calore di una famiglia, ma nel migliore dei casi possono solo tenere nascosta un’eventuale relazione, che in molti luoghi diventa un “segreto” più o meno pubblico. Se poi da una relazione nascono dei figli, le pressioni provenienti dall’alto inducono a tenerli nascosti con conseguenze devastanti sulla vita degli interessati.
La correlazione tra gli abusi sessuali dei membri del clero a danno di minori e la legge sul celibato è continuamente negata, ma non si può fare a meno di notarla: la Chiesa monosessuale che ha imposto l’obbligo del celibato ha potuto allontanare le donne da tutti i ministeri, ma non può bandire la sessualità  dalle persone accettando così, come spiega il sociologo cattolico della religione Franz-Xaver Kaufmann, il rischio della pedofilia. Le sue parole sono confermate da numerosi psicoterapeuti e psicanalisti.
È auspicabile che sia reintrodotto il diaconato femminile, ma tale misura, da sola, è insufficiente: se non viene accompagnata dal permesso di accedere al presbiterato (sacerdozio), non condurrebbe a una equiparazione dei ruoli bensì a un differimento dell’ordinazione femminile. Un servizio che dà  loro la stessa dignità  degli uomini, completamente diverso dalla posizione e dalla funzione subalterna che recentemente ricoprono numerose donne dei “movimenti” nell’ambito della curia romana. Che in seno alla Chiesa cattolica la resistenza, e in determinate circostanze anche la disobbedienza, possano pagare, è dimostrato dall’esempio delle chierichette. Anni fa, il Vaticano vietò a bambine e ragazze di servir messa. L’indignazione del clero e del popolo cattolico fu grande e in molte parrocchie si continuò semplicemente a tenerle. A Roma la situazione venne da principio tollerata, infine accettata. Così cambiano i tempi. Anzi, un articolo uscito il 7 agosto 2010 sull’Osservatore Romano ha elogiato questa evoluzione come il superamento di un’importante frontiera poiché oggi non si può più ascrivere alla donna alcuna “impurità ” e in questo modo è stata eliminata una “disuguaglianza profonda”. Quanto tempo ci vorrà  ancora perché in Vaticano capiscano che lo stesso argomento vale per la consacrazione sacerdotale, meglio l’ordinazione femminile? Molto dipende dalla posizione e dall’impegno dei vescovi.
©Piper Verlag GmbH, Mà¼nchen 2011
© 2011 Rcs Libri S.p.A., Milano


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