LA CORSA DEL FAVORITO

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Non banale, ma dignitoso, dopo il presidente agitato, esuberante, invadente. È convinto che i francesi, delusi da Sarkozy, sapranno apprezzare questa sua differenza. Si propone di fatto, senza bisogno di dirlo, anche come un antidoto capace di annullare gli effetti negativi per la sinistra dello scandalo sessuale di New York, che ha bruciato Dominique Strauss-Kahn, iniziale candidato socialista alla presidenza. Benché si sia trattato di una macchia individuale, essa non ha certo giovato al partito di cui Dsk era il più autorevole esponente.
Alle primarie di ieri più del 56 per cento dei quasi tre milioni di futuri elettori di sinistra ha preferito Franà§ois Hollande a Martine Aubry giudicandolo più idoneo a sconfiggere Nicolas Sarkozy in primavera, quando si concluderà  il quinquennio presidenziale. Martine Aubry, figlia del grande europeista Jacques Delors e adesso sindaco di Lille, dopo essere stata più volte ministro nei governi a guida socialista, è forse apparsa all’avanguardia dell’elettorato di sinistra troppo militante, troppo sanguigna, e per molti aspetti aggressiva, anche se la sua posizione politica è molto simile a quella di Hollande. Insomma, per il suo carrattere è stata ritenuta inadatta a conquistare i delusi di Sarkozy. Da quegli elettori, essenzialmente di centro, dipenderà  l’esito della gara presidenziale di aprile-maggio. Ed è al centro che si vincono le elezioni, è là  che la sinistra (alla quale viene attribuito il 44 per cento dei voti) deve attingere per conquistare l’Eliseo.
L’atteggiamento pugnace, battagliero, della Aubry piace alla sinistra socialista. Fa dimenticare la sua moderazione riformista. Ma può allontanare i moderati che ricordano alcune controverse riforme, ad esempio la settimana di trentacinque ore, attuate da lei quando era ministro degli Affari sociali. Franà§ois Hollande non è mai stato al governo. È un handicap ma anche una fortuna. La sua fedeltà  al Partito socialista, del quale è stato segretario generale per più di dieci anni, è fuori discussione, anche se non è mai stato un tenore. Un notabile di prima fila sino ai tempi recentissimi. Cosi come la sua ambizione presidenziale risale a molto lontano, anche se si è rivelata molto tardi. Egli si è immaginato capo dello Stato guardando nel mezzo degli anni Sessanta Franà§ois Mitterrand alla televisione. Era un’aspirazione precoce perché Mitterrand non era ancora presidente e lui, Hollande, aveva dieci anni.
Hollande è spiritoso, ha humor, ama divertire la gente nei comizi. Spesso arricchisce i discorsi con aneddoti dettati dalla fantasia. Anche per questo i notabili del partito non l’hanno mai preso troppo sul serio. Adesso dovranno ravvedersi e accompagnarlo nella lunga campagna presidenziale. Il suo vantaggio sulla Aubry è stato troppo consistente, non lascia spazio alle ostilità , alle reticenze interne al partito che avvelenarono cinque anni fa Ségolène Royal, non accettata da tutti come candidata, e anche per questo condannata alla sconfitta.
Stando ai sondaggi, Franà§ois Hollande ha buone probabilità  di scalzare dall’Eliseo, tra sei mesi, il presidente in esercizio. Un forte vento anti-Sarkozy soffia sulla Francia. Ma il vantaggio virtuale potrebbe dissolversi facilmente. Sarkozy occupa la ribalta e può recuperare. In quel campo è un esperto. Ci sa fare. Nell’immediato futuro avrà  ruoli internazionali importanti e partecipa in prima fila alla gestione delle vicende finanziarie ed economiche non soltanto europee. Molto dipenderà  dall’andamento di quelle crisi che frustrano i francesi. I tempi sono tuttavia stretti e i miracoli improbabili. Franà§ois Hollande parte dunque favorito. Resta qualche dubbio sulla sua capacità  di sostenere un ruolo, per lui nuovo.
La parola rigore non gli fa paura. Lottare contro il debito pubblico e tenere sotto controllo i deficit non significa cedere agli interessi finanziari. Scaricare il pagamento degli interessi sulle generazioni future sarebbe un delitto ed equivarrebbe anche a un’abdicazione della sovranità  nazionale. Considera quindi che mettere ordine nelle finanze pubbliche sia un suo dovere primario. È una responsabilità  repubblicana che lui, Hollande, si assumerà , senza temere i rischi sociali. I movimenti sociali non avranno alcun motivo di rivoltarsi. Si tratterà  di recuperare i regali fiscali fatti dalla destra ai più fortunati; e fare nello stesso tempo delle economie in certi settori che non riguardano la popolazione economicamente più debole. Per Hollande bisogna anzitutto sollecitare la crescita, crearla, privilegiare le innovazioni, la ricerca, e non continuare a favorire la rendita. E costruire un’Europa politica capace di far fronte ai mercati.
Durante la campagna per le primarie Franà§ois Hollande ha tratteggiato il clima della nuova campagna elettorale che da oggi si apre in Francia, quella vera, quella presidenziale. Sbaglia chi pensa che la sua tradizionale moderazione e la sua costante ricerca del compromesso condurranno a un dialogo quasi consensuale con Sarkozy. La violenza politica sarà  inevitabile. È imposta dalla situazione creatasi nel paese negli ultimi cinque anni. La campagna «non sfuggirà  alla brutalità ». Hollande si propone evidentemente di conquistare elettori: quelli di sinistra anzitutto, poi, allargando il campo, i repubblicani (che significa i progressisti). Ma nessun compromesso con altri partiti, né con personalità  isolate di diverso pensiero politico. In sostanza cercherà  di radunare tutti coloro che vogliono che il paese esista e ritrovi prosperità  nella mondializzazione.
Ma cosa vuol dire essere un presidente «normale»? Hollande ha risposto che significa mettere fine alla corruzione morale, ridare visibilità  al Parlamento, restituire la parola ai partner sociali e il rispetto alla magistratura. Un presidente normale deve avere la dignità  necessaria e una prossimità  indispensabile con i cittadini. Ed anche la modestia di pensare che non si può decidere tutto e avere ragione su tutto. Questo in sintesi il vasto programma del candidato alla presidenza della Quinta Repubblica.


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