La crisi del debito e i guai delle banche. Il circolo vizioso dell’eurozona

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L’esperta francese ha, tra l’altro, dichiarato che il problema comune che deve affrontare il mondo sviluppato è la presenza di un eccessivo livello di debiti, che hanno a suo tempo contribuito a finanziare investimenti inutili e senza valore. La Lagarde fa in particolare riferimento a due grandi rischi oggi presenti sulle due sponde dell’Atlantico: la fragilità , da una parte, delle banche europee – piene di titoli pubblici dei paesi del Sud Europa – e la continua caduta, dall’altra, dei prezzi delle case negli Stati uniti, con il crescente numero di proprietari che si ritrovano così intrappolati con un livello di debiti superiore al valore delle loro proprietà .
Si tratta per molti versi di una situazione drammatica, sia in Europa che negli Stati uniti. Ma lasciamo da parte per brevità  il tema dell’immobiliare Usa e concentriamoci su quello del banche del nostro continente.
L’eurozona è presa in effetti in un circolo vizioso. Il credito sovrano di molti paesi si sta deteriorando e questo riduce il livello di fiducia nel sistema bancario – con il portafoglio pieno di titoli pubblici – ciò che aumenta a sua volta la probabilità  che i governi si debbano assumere, in un orizzonte più o meno vicino, ulteriori debiti del sistema bancario. Questo deteriora ulteriormente il credito sovrano, così che si riduce ancora la fiducia nel sistema bancario.
Ma a quanto ammontano i crediti inesigibili delle banche europee per effetto della crisi del credito sovrano? Una stima del Fmi sostiene che, valutando i titoli pubblici presenti nei bilanci delle banche europee agli attuali prezzi di mercato, le perdite dirette ammonterebbero a 287 miliardi di dollari, cifra che potrebbe anche arrivare a raddoppiare, dal momento che molti istituti hanno in portafoglio assets di altre banche. Un’altra fonte arriva a parlare anche di 1.000 miliardi di dollari. (…)
In ogni caso, quali che siano le cifre più vicine alla realtà , esse sono cospicue (…).
Lagarde afferma correttamente che, per risolvere il problema, le banche devono puntare a un livello molto più alto di capitale rispetto a quello attuale e anche superiore a quanto richiesto dalle norme di Basilea III, il cui livello, peraltro, al momento della sua determinazione, aveva provocato tante proteste nel mondo finanziario perché sembrava troppo elevato. Ma la signora evita di chiedere questi soldi, come sarebbe invece plausibile, agli azionisti o anche ai portatori di obbligazioni, che si sono presi a suo tempo il rischio di prestare dei soldi alle stesse banche. Li chiede in sostanza, invece, ai contribuenti, riproponendo ancora una volta il circolo infernale della privatizzazione degli utili e della socializzazione delle perdite.
Per la verità  il direttore del Fmi propone l’uso dei fondi dell’Efsf, ma la sostanza non cambia. Tale fondo è stato costituito di recente per sostenere i paesi deboli e non le banche; peraltro, il livello attuale della dotazione del fondo è molto inferiore alla bisogna già  per i suoi scopi originari.
Certo il problema di dove prendere i soldi esiste ed è serio, ma esso appare di difficile soluzione. È per questo che chi scrive è convinto da tempo che i problemi delle grandi banche si possano risolvere solo attraverso una loro nazionalizzazione, unica via, tra l’altro, per mettere in equilibrio presa di rischi e risultati conseguenti, ovvero affermando il principio che chi mette i soldi deve anche essere quello che comanda. (…)
(la versione completa dell’articolo su www.sbilanciamoci.info)


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