La rivincita di Sacconi, ora la tela del dialogo

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ROMA — La lettera con la quale Sergio Marchionne comunica l’uscita della Fiat dalla Confindustria ha colto di sorpresa il governo, ma in fondo non è dispiaciuta, anche se qualche problema serio lo apre. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, e gli altri che con lui avevano lavorato all’articolo 8 della manovra di Ferragosto ritenevano di aver risolto il problema dell’amministratore delegato della Fiat. Nelle numerose cene che si erano tenute nella foresteria della Confindustria a via Veneto, la presidente Emma Marcegaglia, lo stesso Sacconi e i leader di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, avevano infatti concordato una norma che da un lato dava efficacia erga omnes, con effetto retroattivo, ai contratti Fiat di Pomigliano D’Arco e Mirafiori e dall’altro autorizzava, a determinate condizioni, le intese aziendali a derogare ai contratti nazionali e alle leggi. In questo modo, nessun giudice avrebbe potuto dare ragione alla Fiom sulla illegittimità  degli accordi di Pomigliano e Mirafiori. Ma evidentemente, osservano alcuni dei protagonisti di quegli incontri a via Veneto, «a Marchionne non è bastato e ha voluto prendersi tutta la libertà  di manovra possibile».

La decisione, per quanto abbia lasciato un po’ interdetti i protagonisti della vicenda, viene a questo punto letta anche alla luce dei rapporti tra Marcegaglia e Marchionne, sempre problematici, e della corsa alla presidenza della Confindustria. E in questo senso, lo “schiaffo” del manager italo-canadese alla Marcegaglia non è certo dispiaciuto al governo, ancora arrabbiato per il crescendo di attacchi e l’ultimatum lanciato dalla presidente a Berlusconi in occasione del manifesto delle imprese. Sacconi aveva commentato paventando la «tentazione politicista» che prende i presidenti della Confindustria nella fase finale del loro mandato. E ieri i ministri che seguono più da vicino le relazioni industriali osservavano tra di loro con compiacimento che c’è voluta l’uscita di Marchionne affinché il Comitato di presidenza della Confindustria prendesse finalmente una posizione forte e chiara a difesa dell’articolo 8, mentre nelle scorse settimane aveva lasciato correre l’interpretazione di un suo depotenziamento in seguito alla firma finale, il 21 settembre, dell’intesa raggiunta il 28 giugno con tutti i sindacati, Cgil compresa.

Adesso la mossa di Marchionne andrà  gestita. Da tutti. Dalla Confindustria che, al di là  della orgogliosa presa d’atto di ieri, non potrà  non porsi il problema di recuperare la Fiat. E in questo senso potrebbero salire le quotazioni di un candidato alla presidenza capace di realizzare questa impresa, come per esempio Alberto Bombassei, mentre un candidato più vicino all’attuale presidente, come Giorgio Squinzi, potrebbe risultare indebolito. Ma è anche vero il contrario, cioè che se dovesse prevalere l’orgoglio di organizzazione, sarebbe proprio un candidato vicino alla Marcegaglia a trarne vantaggio.

Certo è che anche il governo ha interesse a favorire la ricucitura. Il quadro finora gestito da Sacconi, di relazioni imperniate su un solido rapporto con Confindustria, Cisl e Uil, è molto più rassicurante di una situazione dove una variabile Fiat non controllabile potrebbe innescare dinamiche imprevedibili. Non a caso il ministro del Lavoro, che ieri mattina ha avuto un breve colloquio telefonico con l’amministratore delegato, ha voluto commentare la lettera dicendo che «la cosa più importante sono gli investimenti che Marchionne ha annunciato e sono la cosa che ci interessa di più». Poi si vedrà  se e come ricucire. Intanto, sembra dire, il governo, Marcegaglia rifletta sui suoi errori.

Frizioni, tensioni, screzi che complicano un quadro delle relazioni industriali che si sta rapidamente deteriorando rispetto solo a qualche mese fa. Prima i problemi con i sindacati a causa delle due manovre di luglio e agosto, con la Uil che ha già  proclamato diverse manifestazioni nazionali e lo sciopero del pubblico impiego e Angeletti che ha auspicato le elezioni anticipate. Poi lo scontro con Bonanni sull’articolo 8 nella parte che consente di derogare all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (licenziamenti senza giusta causa), con il leader della Cisl che ha preso la mossa di Sacconi come un tradimento e tra i due, un tempo amici, è calato il gelo. Infine, il duello con la Confindustria. Adesso lo strappo di Marchionne ai danni della Marcegaglia. Forse una piccola soddisfazione per un governo sotto schiaffo. Ma una soddisfazione di breve momento. Da oggi ritessere la tela del dialogo è più difficile.


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